L’attenzione al corpo prospettata dal metodo gestaltico segna un passaggio importante per la psicoterapia in genere: dall’ottica di una profondità riferita a sedi esperienziali prettamente psichiche, all’ottica di una profondità intesa come incarnazione delle relazioni.
Il qui-e-ora esperito a livello corporeo dal paziente è una gestalt creativa che riassume gli schemi relazionali corporei e sociali assimilati nei contatti precedenti e le intenzionalità che sostengono l’attuale contatto che il paziente fa con il terapeuta.
Il linguaggio terapeutico deve partire dalle “ragioni del corpo” del paziente, per dirlo con le parole di Nietzsche, così come esse si riverberano nel corpo del terapeuta.
Così le metafore – le icone tematiche – vengono fuori dal senso interiore di poesia che il terapeuta acquisisce mettendo insieme il vissuto del proprio processo e il coraggio di riuscire a leggere qualcosa di straordinario nel semplice o qualcosa di semplice nell’apparente complessità dell’espressione del paziente. L’intervento terapeutico, che deriva da questa elaborazione dei due orizzonti esperienziali, quello del terapeuta e quello del paziente, deve agire non “al di sopra”, ma “alla base” della consapevolezza del paziente, quasi per solleticarlo, perché egli possa sentirlo nelle ossa e nelle giunture, nei muscoli e nei tendini, nei bulbi oculari e nei condotti lacrimali, nella bocca e nella saliva.
Margherita Spagnuolo Lobb
fantastico. Naturalmente vero.