Dialogo tra: C. Lo Piccolo, G. Lo Castro e M. Spagnuolo Lobb (Parte I)
Gli Autori invitano tre capiscuola di modelli psicoterapici diversi – Calogero Lo Piccolo per la gruppoanalisi, Giovanni Lo Castro per lo psicodramma freudiano e Margherita Spagnuolo Lobb, per la psicoterapia della Gestalt – a rispondere ad alcune domande cruciali per la terapia di gruppo nella clinica contemporanea. I temi affrontati trasversalmente dai tre approcci riguardano la definizione del setting gruppale, la dimensione del sentire corporeo, l’estetica dell’essere gruppo, le riflessioni sul concetto di autoregolazione e sull’an-tropologia sociale che animano l’intervento di gruppo, e infine valutazioni sul futuro della psicoterapia di gruppo in considerazione delle evoluzioni sociali e culturali degli ultimi anni. Un confronto tra epistemologie e prospettive di pensiero che forniscono un’opportunità di riflessione e un’occasione per ampliare gli orizzonti di conoscenza sulla clinica dei gruppi.
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La prima domanda riguarda proprio la definizione di setting di gruppo. Nel vostro approccio c’è una lettura dell’esperienza del singolo nel gruppo o dell’esperienza del gruppo come un unico organismo? In che misura si considera l’uno o l’altro aspetto e a quale viene dato più rilievo in termini di modello di cura?
Calogero Lo Piccolo: La definizione più classica che viene data dagli autori, in primo luogo Foulkes, alla funzione terapeutica del gruppo secondo il modello gruppoanalitico è “terapia analitica dell’individuo attraverso il gruppo” (cfr. F. Di Maria, I. Formica, 2009). Tale espressione sta ad indicare che il focus dell’attenzione non è centrato né sul gruppo come insieme unico ed indistinto, né sull’individuo in relazione al gruppo. Il focus è contemporaneamente sulle relazioni attuali, vive e concrete tra i vari componenti del gruppo, e sulle relazionalità interne inconsce che in modo transferale vengono elicitate dall’esperienza attuale del gruppo. Il rimando continuo è quindi tra il qui ed ora dell’esperienza gruppale e il lì ed allora delle esperienze soggettive, attraverso l’attivazione dei processi di risonanza, rispecchiamento, identificazione tra i vari membri del gruppo. La lettura da parte del conduttore dei diversi momenti del processo gruppale è principalmente finalizzata a facilitare la comunicazione autentica tra i partecipanti al gruppo. Il focus terapeutico ultimo, nella mia pratica analitica, resta comunque molto centrato sulla persona.
L’esperienza del gruppo terapeutico è una straordinaria opportunità di apprendimento su se stessi e sulle proprie modalità affettive e relazionali meno visibili, un luogo in cui esplorare potenzialità soggettive inespresse e spesso a se stessi ignote, il tutto reso possibile da un campo esperienziale in cui si creano e attivano legami affettivi profondi tra i vari partecipanti.
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Articolo tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXV, 2012/1, La psicoterapia della Gestalt con i gruppi
Rivista semestrale di Psicoterapia della Gestalt edita da FrancoAngeli, pag. 12
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