Nella seconda serata del ciclo di incontri “Osare la Bellezza”, le riflessioni di Stefania Benini e Melania Martone sono diventate interessanti domande per Silvia Tosi, esperta di Età Evolutiva e autrice di diverse pubblicazioni tra cui il capitolo “Tra spontaneità e intenzionalità di crescita: la psicoterapia della Gestalt con i bambini”, all’interno della monografia Gestalt Therapy with Children. From Epistemology to Clinical Practicea cura di M. Spagnuolo Lobb, N. Levi e A. Williams, edito da Istituto di Gestalt HCC Italy, la cui traduzione italiana uscirà nel mese di giugno.
Con grande competenza clinica siamo stati accompagnati nel tema della presenza genitoriale intesa come porto sicuro. Ogni spunto di riflessione è stato sostenuto da brevi descrizioni di situazioni cliniche che hanno di molto aiutato il numeroso pubblico ad addentrarsi nell’esperienza concreta.
È stato messo in evidenza come da una parte oggi la sensibilità genitoriale sia spesso più elevata rispetto al passato e come l’attenzione verso il benessere dei propri figli sia in generale più alta. Dall’altra questa maggiore attenzione si accompagna alla fatica degli adulti nel vedere i propri figli soffrire. In alcune consultazioni psicologiche emerge il timore che quello che il figlio incontra oggi possa nuocergli nel futuro e così la richiesta di fondo è che il proprio figlio possa essere felice.
La bellezza di questa domanda e della maggiore attenzione genitoriale può però sfociare nella negazione del dolore e della tristezza: il bambino ha bisogno di poter condividere le proprie emozioni, non solo quelle positive, sentendo che i genitori le possano tollerare. È la possibilità di essere riconosciuti anche nella fatica, nella tristezza e nel dolore che permetterà al bambino di poter esprimere, attraversare e superare anche le emozioni difficili. Allo stesso modo, è importante “lasciare che i bambini si annoino” senza obbligarli all’accelerazione della vita adulta; la possibilità di rallentare diventa così una strada per riconoscersi l’un l’altro in un ritmo diverso.
Ma non è solo nel riconoscimento delle sue emozioni e dei suoi ritmi che i genitori potranno essere per il bambino porto sicuro. Il bambino, si sa, apprende dall’esperienza corporea e oggi anche le neuroscienze lo sostengono. Nei primi anni di vita, dalle cure del caregiver, dal suo sguardo e dalla capacità di holding dei suoi abbracci il bambino imparerà le competenze relazionali fondamentali che utilizzerà nella vita adulta. Per questo motivo posare lo sguardo sull’impatto delle nuove tecnologie diventa fondamentale: le nostre connessioni ormai passano molto dal virtuale e l’attenzione al corpo, allo sguardo, al respiro e alle reciproche intenzionalità si fanno sempre più rarefatte.
La serata si è conclusa sottolineando quanto oggi i genitori sperimentino isolamento e nuove solitudini e quanto invece sia fondamentale sentirsi radicati per poter sostenere i propri figli. Essere porto sicuro significa essere adulti connessi con gli altri e con la propria esperienza emotiva e relazionale. Possedere in definitiva un ground che permetta di condividere quel senso di sicurezza, consente di attraversare insieme con naturalità anche quei momenti in cui ci sentiamo insicuri.
Dopo l’appartenenza sociale e la genitorialità, la serata conclusiva del nostro ciclo, venerdì 14 giugno alle 19:30, ci porterà ad occuparci di adolescenza e in particolare del ritiro adolescenziale con il dr. Michele Lipani, psicoterapeuta, didatta dell’Istituto e esperto di adolescenza e preadolescenza (vedi programma).