Come ridare voce e corpo al bambino violato

Rosanna Militello intervista Marinella Malacrea (Parte I)

Marinella Malacrea, in questa intervista risponde con ampiezza ed accuratezza a precise domande su un tema delicato, complesso e drammatico, che seppur “vecchio come il mondo”, continua a sconcertare, a stimolare e ad affascinare il lavoro di ricerca e clinico, di chi si occupa di bambini violati. Il lavoro sul trauma sessuale all’infanzia, oggi in continua evoluzione, richiede la necessità di modelli terapeutici efficaci per poter rielaborare e riparare quei blocchi evolutivi e quelle pesanti cicatrici che hanno arrestato in modo dirompente la normale spontaneità che è insita nel cuore di ogni bambino.

Rosanna Militello: Crescere dentro relazioni sane, nutrienti, chiare dovrebbe essere un processo naturale per ogni bambino; è infatti il vivere, dentro l’oikos, l’esperienza del rispetto, del giusto calore, della non invasione dei confini che dà al piccolo dell’uomo lo sfondo da cui partire per diventare un adulto sicuro, forte, capace di abitare il mondo, di andare verso la polìs con fiducia e fierezza. Un diritto che a nessun bambino dovrebbe essere negato.  L’esperienza maturata in questi anni come psicoterapeuta di bambini ed adolescenti abusati e come Consulente Tecnico presso la Procura mi ha permesso di sperimentare, giorno dopo giorno, quanto devastato e confuso sia il mondo interno delle piccole vittime di abuso. L’attacco ai confini fisici, mentali ed emotivi genera molto spesso un forte indebolimento del sé lasciando l’immagine di un corpo pesto e segnato da pesanti cicatrici. Potrebbe parlarci del trauma legato all’abuso sessuale?

Marinella Malacrea: Nel parlare di trauma preferisco utilizzare la nozione di Esperienze Sfavorevoli Infantili (ESI) introdotta da Felitti (Felitti et al., 2001), per indicare quell’insieme di situazioni vissute nell’infanzia che si possono definire come “incidenti di percorso” negativi rispetto all’ideale percorso evolutivo. Esse comprendono tutte le forme di abuso all’infanzia subito in forma diretta, come abuso sessuale, maltrattamento psicologico, fisico, trascuratezza; e le condizioni subite in forma indiretta che rendono l’ambito familiare impredicibile e malsicuro, come per esempio alcolismo o tossicodipendenza dei genitori, malattie psichiatriche e soprattutto violenza assistita, cioè il coinvolgimento del minore, attivo e/o passivo, in atti di violenza compiuti su figure di riferimento per lui affettivamente significative. Ciò che accomuna tutte le forme di Esperienze Sfavorevoli Infantili, e rende anche così poco differenziabili le loro conseguenze in termini di sintomi e comportamenti, è il fatto che possono produrre distorsione traumatica nei processi di attaccamento, base della futura personalità.

Rosanna Militello: In psicoterapia della Gestalt il funzionamento organismico è regolato dalla dinamica figura/sfondo. In una situazione di normalità, da uno sfondo tranquillo, ricco e articolato emergono di volta in volta figure nitide, che conducono l’organismo a interagire con l’ambiente per assimilare una novità e dunque crescere. Quando questo processo di approccio all’ambiente è disturbato e l’organismo non può portare a termine l’intenzionalità di contatto, l’esperienza si completa con un apprendimento negativo o traumatico, e lo sfondo comincia a diventare “torbido”, disturbato (Spagnuolo Lobb, 2011). Da uno sfondo disturbato emergono figure poco chiare. In altre parole, il bambino abusato, colpito da un trauma che riguarda il tradimento o la confusione di ruoli percepiti nella relazione con figure di attaccamento, non riesce a regolarsi, a lasciare emergere nella relazione con l’altro significativo figure chiare che possano guidare la sua crescita. Il trauma viene inteso, pertanto, come un disturbo nella sequenza spontanea del contattare l’ambiente, come una condizione che rende impossibile lo spontaneo fluire del processo figura/sfondo; un blocco dell’intenzionalità di contatto, una Gestalt inconclusa che, arrestando il normale sviluppo fisiologico ed evolutivo, crea shock e malessere. Come definisce nel suo modello l’esperienza traumatica di un bambino vittima di Esperienze Sfavorevoli Infantili?

Marinella Malacrea: Si tratta di un’esperienza sopraffacente che fa fallire le normali difese e le ordinarie strategie con cui si affrontano gli eventi esterni. Molto cambia se tale esperienza è acuta e puntuale che, pur destabilizzando il soggetto, non inquina il terreno in cui affonda le radici, oppure cronica e pervasiva delle relazioni che dovrebbero essere la sua base sicura. Per usare una metafora fisica, mentre nel trauma acuto il soggetto reagisce all’esperienza traumatica, che immaginiamo come un corpo estraneo entrato attraverso una ferita, lavorando per l’espulsione attraverso l’equivalente di una florida reazione infiammatoria (il Disturbo Post Traumatico da Stress, PTSD), nel trauma o nello stress cronici si produce l’equivalente di un ascesso, dai sintomi più insidiosi, difficile da raggiungere dalle cure e fonte continua di minaccia per la salute. Si parla in questi casi di “trauma interno all’identità”, che apre la strada a un effetto pervasivo e permanente a carico dei processi di regolazione psicologici e biologici del bambino.

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Articolo tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXIV, 2011/1, Concentrazione, emergenza e trauma
Rivista semestrale di Psicoterapia della Gestalt edita da FrancoAngeli, pag. 13.

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