In attesa del corso sul tema dell’abuso sessuale sui bambini, vi riportiamo uno stralcio dell’intervista condotta da Rosanna Militello (Psicologa, Psicoterapeuta della Gestalt, Didatta dell’Istituto Hcc Italy, Consulente Tecnico presso la Procura della Repubblica di Palermo) a Marinella Malacrea (Neuropsichiatra infantile e Psicoterapeuta. Responsabile dell’attività clinica del Centro TIAMA di Milano).
Rosanna Militello: Nel delicato lavoro clinico con l’abuso sessuale, la psicoterapia della Gestalt pone l’attenzione non tanto sul trauma in sé, ma sull’adattamento creativo che il bambino si è dato per sopportare e sopravvivere all’indecenza (Kepner 1995). Gli adattamenti creativi consentono di sopportare situazioni difficili, ma conducono immancabilmente a desensibilizzazioni corporee e/o emozionali. Il contattare l’ambiente diventa “handicappato” e la creatività diminuisce. Scopo della terapia è quello di sostenere lo spontaneo fluire dell’energia bloccata e consentire al paziente di sperimentare schemi relazionali alternativi e più funzionali alla piena presenza del sé. Nel suo lavoro lei parla di” processo riparativo”. Vero cosa tende?
Marinella Malacrea: Il lavoro con il bambino vittima di esperienze infantili sfavorevoli si articola su due livelli. Il primo è un intervento di elaborazione della sua visione di un “mondo malevolo”, della sua “filosofia” sul funzionamento del mondo e degli esseri umani, il secondo mira alla costruzione, ed alla possibilità concreta di esprimere da parte della vittima, un “mondo benevolo” reale, in cui sentirsi al sicuro da quello da cui si è fuggiti. Poiché nel mondo reale è avvenuta l’esperienza traumatica, la vittima non potrà mai affrontare il dolore che deriva dal guardarla e dal cercare di ricomprenderla, tollerarla ed elaborarla se non c’è garanzia che un’alternativa concreta di vita esista davvero. L’intervento psicoterapico è funzionale a promuovere l’esperienza emozionale riparativa cambiando il sistema di significati della vittima e rendendo desiderabile e riconoscibile la buona esperienza.
Rosanna Militello: una domanda un po’ personale per concludere. I nostri piccoli pazienti ci insegnano grandi verità su noi stessi e sul mondo. Cosa le ha insegnato lo stare in contatto col dolore dei tanti bambini che ha incontrato in questi anni?
Marinella Malacrea: Sperimento una grande sintonia tra la mia vita personale e quella professionale, quello che attraverso nella prima, anche doloroso, mi aiuta per la seconda e viceversa. Faccio cose che riescono ancora ad appassionarmi e trovo appassionati compagni di strada. I bambini sanno essere profondi e divertenti allo stesso tempo: mi ricordano che noi essere umani siamo “sorprendenti gioielli, che Dio si oppone a che l’orrore di cui siamo anche capaci vinca, dotandoci di infinite risorse vitali.
Tratto da “Il trauma dell’abuso e il delicato processo della riparazione: come ridare voce e corpo al bambino violato” Rosanna Militello Intervista Marinella Malacrea. Quaderni di Gestalt XXIV n.2011/1, Concentrazione, Emergenza e Trauma.
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Pubblicazioni
Il Training Autogeno in psicoterapia della Gestalt. Rilassamento, consapevolezza, vitalità
L’allenamento del TA garantisce il recupero del ground corporeo dell’esperienza attraverso la somatizzazione, intesa come la possibilità di accesso all’area sensoriale del corpo tramite la percezione. I singoli esercizi possono essere paragonati ai gradini di una scalinata che conducono ad una sempre più in profonda e «intensa immedesimazione sensoriale nella propria corporeità» (Hoffmann, 1980, p.70). (…) Il percorso di apprendimento del TA è un affascinante viaggio verso la conoscenza del proprio corpo, un’esplorazione di parti desensibilizzate o poco conosciute attraverso vissuti e sensazioni che provengono dalla propriocezione, a mezzo di recettori posti nei muscoli, nelle giunture, nei tendini e nella profondità degli incavi e apparati interni.
I Quaderni di Gestalt Raccontano… La funzione dell’emergenza
L’esperienza dell’emergenza può logorare o distruggere il normale funzionamento psicologico, ma, con gli opportuni supporti, può anche rivitalizzarlo, attivando nuove e più autentiche capacità di contatto e nuove risorse individuali e relazionali. Può addirittura diventare strumento di terapia. L’esperienza della criticità e dell’emergenza diventano così una tappa decisiva della crescita psicologica, che ci portano a superare una visione ingenua della realtà e delle possibilità di contatto con essa.
Antonio Roberto Cascio
Tratto da Quaderni di Gestalt, Vol XXIV, 2011/1
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La psicoterapia della Gestalt tra corpo e parole
Nell’approccio fenomenologico, non serve rendere parola l’esperienza corporea, in quanto ciò che è, è (una rosa è una rosa…), e la parola non è “più evoluta” del sentire corporeo.
Corpo e parola hanno uguale dignità relazionale.
…la parola non è un processo parallelo al vissuto corporeo: essa fa parte della capacità integratrice del corpo stesso. La parola nasce dal corpo. …Abbiamo un modo nuovo di pensare alla parola, non come mentalizzazione di un impulso, né come capacità parallela all’esperienza corporea, ma come integrazione socializzata di un vissuto corporeo. La parola nasce al confine di contatto, non nella mente, quindi è un tutt’uno con il processo corporeo, è la capacità dell’organismo di condividere il proprio essere-con (la parola ha una funzione sociale, ovviamente, di condivisione) rimanendo integrato nell’esperienza corporea. In altre parole, la parola vera, quella portatrice di spontaneità, sgorga dal corpo, è anch’essa movimento, azione, parte di un tutt’uno che è il sentire al confine di contatto, in cui il sentire corporeo è primario. La parola che sgorga dal corpo ha la qualità della spontaneità e del contatto: riesce, come la poesia, a raggiungere il cuore dell’altro perché si costruisce creativamente con lo scopo del contatto, non con lo scopo di rispettare canoni linguistici. Un esempio è l’esclamazione di un bambino che vede una biscia arrotolata su se stessa: “Mamma, c’è un verme aggirondato!” La parola “aggirondato” dà sensazioni corporee vive, trasmette il senso del movimento dell’arrotolamento, del cerchio del girotondo, è creativa, molto più della parola “arrotolato”.
M.Spagnuolo Lobb
Tratto da: Il corpo come “veicolo” del nostro essere nel mondo.
In Quaderni di Gestalt, Volume XXVI, 2013/1, L’esperienza corporea in psicoterapia
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Il pensiero degli autori: un pensiero tratto dal Now-for-next in psicoterapia.
Un pensiero tratto dal Now for next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna, di Margherita Spagnuolo Lobb
Nell’approccio fenomenologico della psicoterapia della Gestalt , il concetto di schemi relazionali di movimento (Frank, 2001) sostituisce in un certo senso la funzione che il concetto di inconscio ha avuto per la psicoanalisi. La ricerca dell’impulso inconscio che condiziona la vita di relazione sociale è sostituita dall’osservazione fenomenologica dei modi in cui il paziente costituisce i propri schemi di avvicinamento o di separazione dall’altro.
E così, la conoscenza anatomica si incorpora nella consapevolezza di un’esperienza in fieri: si tratta insomma di un realismo fenomenologico, non di una traslazione del vissuto corporeo del conflitto tra le esigenze della società adulta e la spontaneità “tribale” del bambino.
Questa è la chiave per lavorare con la profondità della superficie, sui processi corporei che nel qui ed ora condizionano il contatto terapeutico: il sentire corporeo del paziente ha motivo di esistere nella relazione. Ed è sentendosi sostenuto in questo processo intenzionato che il paziente, nel contatto con il terapeuta, può sciogliere la tensione corporea e lasciare emergere alla consapevolezza, all’immediatezza dei sensi, le emozioni spontanee
(Margherita Spagnuolo Lobb, p.116)
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L’esperienza corporea in psicoterapia
Tratto dai Quaderni di Gestalt, Volume XXVI, 2013/1
L’esperienza corporea in psicoterapia
Vi presentiamo oggi una testimonianza di Bernd Bocian, curatore della rubrica Identità e Storia dei Quaderni di Gestalt, che propone una riflessione sul lavoro corporeo in psicoterapia della Gestalt, spesso ed erroneamente assimilato alla terapia reichiana, alla bioenergetica o da altri metodi cosiddetti “corporei”. In psicoterapia della Gestalt il lavoro corporeo non è finalizzato ad intense catarsi emotive attraverso l’uso di tecniche aprioristiche all’incontro con l’altro, l’obiettivo non è di minare le resistenze attraverso metodi provocatori. Si tratta spesso di un “lavoro in piccolo”, non spettacolare; un lavorare passo dopo passo verso la consapevolezza, l’integrazione e l’assimilazione all’interno di un processo terapeutico in cui paziente e terapeuta costantemente scoprono se stesso e l’altro e inventano progressivamente la loro relazione
Contatto e supporto, in un rapporto dinamico fra figura e sfondo, costituiscono una parte essenziale del lavoro in terapia della Gestalt. L’obiettivo non è quello di arrivare a rapidi sfoghi emotivi, ad una catarsi fine a se stessa, o a minare e provare a spezzare le resistenze attraverso i metodi provocatori (…). A questo sia Laura che Fritz Perls si sono sempre opposti. Le funzioni di supporto comprendono: «L’ereditarietà ed i fattori costituzionali (fisiologia originaria, ecc.); abitudini acquisite che sono diventate automatiche e pertanto equivalenti alla fisiologia originaria (atteggiamento, linguaggio, maniere, tecniche, ecc.); e l’esperienza di qualunque tipo, pienamente assimilata. Soltanto ciò che è completamente assimilato ed integrato nel funzionamento totale dell’organismo può diventare supporto» (ibid.).
Si tratta spesso di un “lavoro in piccolo”, non spettacolare: lavorare passo dopo passo alla percezione delle resistenze croniche e automatizzate, psichiche come corporee, allo scioglimento delle strutture del carattere, o gestalten cristallizzate, non più consapevoli. Intense catarsi emotive sono spesso “spettacolari” e, in determinate condizioni, possono mettere di nuovo in moto un processo terapeutico bloccato.
Il loro effetto dura però solo per breve tempo se manca il supporto per l’integrazione. Esperti terapeuti come Fritz e Laura Perls questo lo sapevano.
(…) Secondo Laura Perls un terapeuta della Gestalt non applica specificatamente alcuna “tecnica”. Lei preferì parlare di uno “stile” personale, cioè di “un modo di esprimersi e comunicare” del tutto personale (1989, p. 95) che ha come sfondo la propria complessiva esperienza di vita e le proprie capacità professionali. «La terapia è un processo innovativo, in cui paziente e terapeuta costantemente scoprono se stesso e l’altro e inventano progressivamente la loro relazione» (ibid.).
Bernd Bocian
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Le pubblicazioni dell'Istituto: Il now-for-next in psicoterapia.
Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna, di Margherita Spagnuolo Lobb, Franco Angeli Milano.
La psicoterapia della Gestalt vede la relazione terapeutica come il rivelarsi di una co-creazione tra paziente e terapeuta. Attraverso casi clinici, l’autrice conduce il lettore in un percorso di comprensione dell’approccio gestaltico, focalizzato sul desiderio di contatto che anima il disagio relazionale, sul processo che ne rivela la “musica”. Il terapeuta sta nel qui-e-ora, ma sostiene il now-for-next, l’energia di contatto che, in ogni sofferenza, chiede di svilupparsi con spontaneità. Attraverso i dieci capitoli, l’autrice fa dono della maturità professionale e umana sviluppata in trent’anni di instancabile lavoro per la psicoterapia della Gestalt, in Italia e all’estero. Espone una stimolante riflessione su molteplici aspetti dell’approccio gestaltico contemporaneo: il contributo della psicoterapia alla società odierna, le nuove forme di aggressività, il concetto di campo fenomenologico, le riflessioni sull’amore in psicoterapia, il passaggio da un’ottica diadica a un’ottica triadica come superamento dell’epistemologia edipica, il sostegno del now-for-next nella coppia, nella famiglia e nei gruppi.
Ma i pregi di questo libro non si limitano a dimostrare le interconnessioni tra scuole, o ad aggiornare la psicoterapia della Gestalt alla società contemporanea, approfondendone la tecnica in vari contesti clinici. Per me questo libro ha anche un altro pregio: coinvolge il lettore in un’avventura che non è solo intellettuale ma anche emozionale. E questa è una caratteristica centrale della psicoterapia della Gestalt che mi ha sempre affascinato.
(dalla presentazione di Paolo Migone)
Il libro è disponibile anche in versione inglese
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INDICE..
Le pubblicazioni dell'Istituto: IL CORPO CONSAPEVOLE Ruella Frank
IL CORPO CONSAPEVOLE, Ruella Frank, 2005, Franco Angeli, Milano.
“Vedo te che vedi me. Facendo esperienza dell’altro, facciamo esperienza di noi stessi” Questo libro fornisce una prospettiva di assoluta freschezza fenomenologica e relazionale sia sullo sviluppo del bambino che sul trattamento psicoterapico. Parla della “danza” che il bambino fa con il mondo in cui si trova, per realizzare il bisogno primario di contatto con esso, e del come da questa egli formi il proprio carattere e i propri schemi corporei di relazione. Finalmente lo sviluppo del bambino è visto non più come qualcosa “del” bambino, ma come una co-creazione tra lui e il mondo che lo circonda. La spontaneità della crescita è la “gestalt” risultante, la forma che è sempre originariamente armonica, anche nel caso in cui crea in seguito il disagio, e porta la persona in terapia. Lo psicoterapeuta è chiamato a sostenere le intenzionalità di contatto implicite negli schemi corporei del paziente, attraverso la creazione di una nuova storia relazionale. L’autrice espone quindi il legame esperienziale che esiste tra la relazione terapeutica e gli schemi corporei evolutivi del paziente. Se la terapia ha successo, la persona è libera di vivere una vita spontanea e creativa.
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Le pubblicazioni dell'Istituto di Gestalt HCC Italy: Body Process. L’esperienza corporea in psicoterapia.
Body Process. L’esperienza corporea in psicoterapia.
J.Kepner, 1997, Franco Angeli Milano. Collana PSICOTERAPIA DELLA GESTALT
diretta da Margherita Spagnuolo Lobb
Questo libro di James Kepner si inserisce nella più pura tradizione umanistica della prospettiva fenomenologia, solistica ed esperienziale, e rappresenta un contributo necessario quanto fedele alla teoria di base dell’approccio gestaltico (il testo fondante di Perls, Hefferline e Goodman, Gestalt Therapy) che tanto rilievo ha dato all’espressione corporea del paziente, sia per la sua funzione di supporto fisiologico al sé che relativamente alla sua intenzionalità comunicativa. Problemi quali l’obesità, le sofferenze psicosomatiche, l’insensibilità emozionale, la tensione cronica, la mancanza di espressività emotiva, i mal di testa, i disturbi sessuali, comportano tutti un fatto fondamentale: che la nostra è un’esistenza incarnata. Sia come persone che come terapeuti abbiamo bisogno di saperne di più sulla felicità della nostra esperienza e su come il vissuto corporeo si intreccia con quello mentale, in modo da poterci appropriare dei vari disturbi psicosomatici come di atti creativi del nostro Io che tenta di adattarsi a situazioni difficili. Oltre a rappresentare un opera fondamentale nella letteratura gestaltica, questo libro costituisce un punto di riferimento per professionisti di indirizzi diversi e un interessante compagno di viaggio per chi vuole capire il senso profondo dei propri vissuti corporei.
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L’esperienza corporea in psicoterapia
Le nostre riflessioni e contributi per il mese di Aprile saranno dedicate all’esperienza corporea, quella che il fenomenologo Edmund Husserl chiamava il “Punto-Zero” dell’esperienza, sua origine e orientamento fondamentale.
L’esperienza corporea è parte integrante del mondo fenomenico in processo, sperimentata da ognuno di noi, nella sua interezza e immediatezza, nel farsi del contatto con l’ambiente. Ne abbiamo consapevolezza quando il nostro “cuore sobbalza”, quando “guardiamo un arcobaleno nel cielo” (William Wordsworth), oppure quando in una seduta di psicoterapia accade un insight, che viene fortemente “sentito e riconosciuto” in un’unità di pensiero, sensazione e azione: l’“esperienza aha!” (Spagnuolo, 2013).
Introduciamo il tema del mese con le riflessioni e un breve esempio clinico di Ruella Frank tratti da: Quaderni di Gestalt, Volume XXVI, 2013/1,
L’esperienza corporea in psicoterapia
Durante una seduta, osservo l’emergere di schemi ripetitivi o profondi nel paziente ed in me. Questi non sono altro che modalità automatiche con cui il paziente ed io gesticoliamo, respiriamo o camminiamo; e sono inoltre la matrice organizzativa dei nostri schemi posturali. Questi schemi accompagnano e sono alla base della nostra “narrazione incarnata” all’interno del campo relazionale.
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