Dal greco σύμπτωμα=avvenimento fortuito, accidente, dal verbo συμπίπτειν=accadere, cadere insieme, composto dalla particella συν=con e πίπτειν=cadere.
Quindi, indica la coincidenza del fatto morboso con un altro fatto, che ne è l’effetto o il segno; fenomeno che accompagna una malattia.
“In quanto costituisce un lavoro del suo proprio sé creativo, il sintomo esprime l’unicità di un uomo” (Perls, Hefferline e Goodman, 1997, p. 94).
“Una personalità nevrotica crea da sé i propri sintomi [psicosomatici] attraverso la manipolazione inconsapevole dei muscoli. […] il sintomo funge da figura e la personalità da sfondo. […] Il nevrotico ha perso il contatto con lo sfondo della personalità e rimane consapevole solamente del sintomo” (ibidem, p. 359).
“Risolvere il problema delle tensioni muscolari croniche – e di ogni altro sintomo psicosomatico – richiede lo sviluppo di un contatto adeguato con il sintomo e la sua accettazione come proprio. L’idea di accettare il sintomo – precisamente la cosa di cui volete sbarazzarvi – appare sempre assurda. […] Il mezzo diretto di condannare il sintomo, di considerarlo qualcosa di imposto, di rivolgervi agli altri per un aiuto nel tentativo di farlo scomparire: questo mezzo non funzionerà. L’unico mezzo efficace sarà quello indiretto: dovrete acquistare una viva consapevolezza del sintomo, accettare entrambi i lati del conflitto come voi – ciò significa identificarvi nuovamente con le parti della vostra personalità che avete in precedenza respinto – e quindi scoprire i mezzi tramite i quali entrambi i lati del conflitto, forse sotto una forma nuova, possano venir espressi e soddisfatti” (ibidem, pp. 438-439).
“I sintomi spesso possono essere celati più profondamente di quanto è stato indicato finora nella nostra discussione. […] In tal caso durante la concentrazione sul vostro corpo potrete trovare sensazioni di insensibilità, di nebulosità, di nullità, invece di dolori e mali” (ibidem, p. 449).
“Non ci sono comportamenti maturi e giusti e comportamenti sbagliati o immaturi. I termini ‘sano’, ‘maturo’, o ‘patologico’, ‘immaturo’ fanno tutti riferimento ad una norma esterna all’esperienza della persona, posta da chi non è immerso nella situazione […]. La prospettiva fenomenologica, pur nel dilemma tra soggettività e oggettività che costituisce un nodo centrale del pensiero di molti filosofi, considera l’esperienza come ciò che dà la conoscenza, e che non è in alcun modo sostituibile con l’analisi concettuale. […]
Ciò consente alla psicoterapia di passare da un modello estrinseco di salute ad un modello estetico, basato sulla percezione attuale dell’incontro tra terapeuta e paziente, quindi su fattori intrinseci alla relazione. […] Lo psicoterapeuta della Gestalt non intende far sì che il paziente raggiunga uno standard ‘sano’ o ‘maturo’ di vissuto e di comportamento, ma che si (ri)appropri della spontaneità nel suo fare contatto, che (ri)acquisti la pienezza del proprio esserci nel contatto” (Spagnuolo Lobb, 2011, pp. 30-31).
Bibliografia
Perls F., Hefferline R.F., Goodman P. (1997). Teoria e pratica della terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana. Roma: Astrolabio. Spagnuolo Lobb M. (2011). Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna, Milano: Franco Angeli.