In inglese Awareness (difficilmente traducibile in italiano) da distinguere da Consciousness (traducibile con coscienza).
Da Consapevole, composto da con=insieme e sapevole (antico derivato da sapere)=che sa.
“La consapevolezza è caratterizzata dal contatto, dalla percezione sensoriale, dall’eccitazione e dalla formazione della gestalt. Il suo funzionamento adeguato è il regno della psicologia normale; ogni disturbo passa sotto il titolo della psicopatologia” (Perls, Hefferline e Goodman, 1997, p. 29).
“La consapevolezza viene definita in psicoterapia della Gestalt come un esserci pienamente, presenti ai sensi, all’intenzionalità di contatto e alla carica di eccitazione organismica che caratterizza la ‘normalità’ ” (Spagnuolo Lobb, 2005, p. 60).
“La consapevolezza serve per mantenerci costantemente aggiornati su noi stessi. E’ un processo continuo, accessibile in qualsiasi momento, e non un’illuminazione esclusiva o sporadica che – come l’insight – può essere raggiunta soltanto in momenti o in condizioni particolari” (Polster e Polster, 1986, p. 205).
“Essere consapevoli del proprio corpo in funzione delle cose che sappiamo e che facciamo è sentirci vivi. Questa consapevolezza è parte essenziale della nostra esistenza come persone attive e inebrianti” (Michael Polanyi, cit. in Polster e Polster, 1986, p. 201).
“Il concetto di consapevolezza, ben diverso da quello di coscienza, esprime l’essere presenti ai sensi nel processo del contattare l’ambiente, l’identificarsi in modo spontaneo e armonico con l’intenzionalità di contatto. La consapevolezza è una qualità del contatto e ne rappresenta la ‘normalità’. La nevrosi è al contrario il mantenere l’isolamento (nel campo organismo-ambiente) attraverso un’esasperazione della funzione della consciousness, della coscienza” (Spagnuolo Lobb, 2011, p. 41).
“Una persona in genere è esageratamente consapevole di se stessa perché ciò le toglie la possibilità di fare qualcosa di cui non vorrebbe essere consapevole. Come un radar, si protegge da qualsiasi comportamento che sfugge all’esame del proprio controllo cosciente. Non vuole fare niente di cui non vuole essere consapevole e non vuole essere consapevole di ciò che non vuole fare. L’ossessivo, che è abilmente consapevole anche dei dettagli più piccoli del suo comportamento e delle reazioni che evocano negli altri – sebbene ignori, per esempio, la sua omosessualità latente – consacra a questi cavilli sociali un’attenzione eccessiva per salvarsi dalla consapevolezza delle proprie paure personali. E’ questo evitare la consapevolezza temuta, che lo mantiene iper-attento a sé stesso – cioè teso, in equilibrio precario, facilmente imbarazzato e suscettibile – ma salvo. Nel ripristinare l’intenzionalità della consapevolezza, è probabile che l’individuo non possa fare a meno di adottare per un certo periodo comportamenti eccessivamente autoconsapevoli. […] Come per Casals, la consapevolezza che ci interessa in terapia della Gestalt è quella che aiuta a ristabilire il funzionamento totale e integrato dell’individuo. Prima di potere modificare in alcun modo il proprio comportamento, egli deve comprendere le sensazioni e i sentimenti che si associano ad esso. Ripristinare l’accettabilità della consapevolezza – a prescindere dalle rivelazioni risultanti – è un passo fondamentale nello sviluppo di un nuovo comportamento. L’individuo apprende a migliorare la propria consapevolezza sia attraverso vari esercizi, sia con la guida sensibile del terapeuta che richiama la sua attenzione su alcuni dettagli rilevanti, e tuttavia ignorati, del suo comportamento”. (Polster e Polster, 1986, pp. 201-204).
Vi sono delle “tecniche della consapevolezza” che migliorano l’orientamento del proprio sé rispetto all’ambiente e all’organismo fisico; agiscono sui sensi, sulle fantasie e sui ricordi, sui dolori e sulle sensazioni corporee. Inoltre, si può “dirigere la consapevolezza” facendo in modo che si restringa la nostra focalizzazione, rendendola più acuta, nel tentativo di individuare e diventare consapevoli di blocchi e punti ciechi particolari. Per fare ciò, si deve dare maggior rilievo alle manipolazioni del corpo e dell’ambiente da parte del sé.
“Si deve prestare maggiore attenzione al sistema motorio o, più specificatamente, al sistema muscolare. […] È importante ricordare, però, che nel comportamento sano, i sensi e i muscoli lavorano come un’unità funzionale inscindibile” (Perls, Hefferline e Goodman, 1997, p.390).
“Per la psicoterapia della Gestalt, lo scopo della cura non è sicuramente la coscienza del sé, ma la spontaneità nel contattare l’altro, il lasciarsi andare alla spontaneità del contatto che è la base della creatività. Dare alla psicoterapia il compito di ripristinare la consapevolezza spontanea (in quanto distinta dalla coscienza) nel contattare l’ambiente significa dare spazio e fiducia alla creatività che è naturale per l’organismo umano in relazione” (Spagnuolo Lobb, 2011, p. 87).
Bibliografia
Perls F., Hefferline R.F., Goodman P. (1997). Teoria e pratica della terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana, Roma: Astrolabio.
Polster E., Polster M. (1986). Terapia della Gestalt integrata. Profili di teoria e pratica, Milano: Giuffrè editore.
Spagnuolo Lobb M. (2005). La consapevolezza nella prassi post-moderna della Gestalt Therapy, in: Righetti P.L. (a cura di) con la collaborazione di Spagnuolo Lobb M., Psicoterapia della Gestalt. Percorsi teorico-clinici. Rassegna di articoli dai “Quaderni di Gestalt”, Padova: Upsel Domeneghini Editore, 59-71.
Spagnuolo Lobb M. (2011). Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna, Milano: Franco Angeli.