Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt

Ricordiamo oggi il pensiero di D. Stern attraverso le parole di Margherita Spagnuolo Lobb,  direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, tratte da Il contributo di Daniel Stern alla psicoterapia della Gestalt di Margherita Spagnuolo Lobb, in Quaderni di Gestalt, Volume XXVI,  2013/2

La teoria del sé di Stern rimane per noi una bellissima descrizione dei processi relazionali con cui il bambino impara ad essere in contatto con il proprio ambiente: prima cogliendo la musica di tutto ciò che si muove intorno a lui (compreso se stesso) (Sé emergente), poi
creando prototipi di questi movimenti e delle persone (compreso se stesso) (Sé nucleare), giungendo poi a gestire posture, intenzionalità, prototipi di relazioni (Sé soggettivo), in seguito imparando il linguaggio (Sé verbale), ed infine integrando linguaggio, posture e intenzionalità all’interno di una danza condivisa che prende la forma di una narrazione (Sé narrativo).
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Queste competenze sono autonome e si sviluppano lungo tutto l’arco della vita, creando una nuova gestalt in ogni momento, come un’orchestra che suona una musica diversa a seconda dell’entrata di ogni singolo strumento.
(…) Le qualità del sé (relazionale, intenzionale e complesso) sono compatibili con quelle delineate nella nostra teoria, che definisce il sé come una co-creazione al confine di contatto, sostenuta dall’intenzionalità di contatto in una situazione complessa (Spagnuolo Lobb, 2005).
(…) Inoltre, i domini del sé di Stern sono modalità con cui il bambino gestisce i processi relazionali, più che istanze dinamiche o tratti: il senso di sé nasce come la percezione di una “musica”, dal modo in cui le cose si muovono nello spazio e nel tempo, percepite dal bambino come “onde”. Queste onde sono fatte di ritmi co-creati tra madre e bambino, come quando l’uno e l’altra cercano di cogliere il movimento successivo dell’altro. Il senso di sé nasce dal senso di essere corrisposti, nel proprio ritmo, dal ritmo dell’altro. Nasce dalla musica che bambino e caregiver suonano insieme.
Una descrizione affascinante di ciò che i nostri fondatori chiamano «il sé come il processo del contatto stesso (…) il sé è precisamente l’integratore; è l’unità sintetica, come ha detto Kant.
È l’artista della vita» (Perls et al., 1994, p. 11).