Da un’iniziale unitarietà indifferenziata, nel campo emergono energie e dunque differenziazioni, che portano all’emergenza di percezioni differenziate costituenti il confine di contatto, luogo in cui le intenzionalità di contatto si realizzano nella concretezza del qui ed ora del contatto.
Il processo del farsi del sé nel contatto è proprio questo attraversare in sequenza una iniziale mancanza di differenziazione, che lascia il posto ad una crescita dell’eccitazione, accompagnata dalla percezione di una novità nel campo fenomenologico. È proprio l’eccitazione dei sensi a consentire la differenziazione (mi accorgo che il mio movimento è diverso da quello degli altri, dunque mi identifico, mi definisco proprio perché sono diverso da loro).
Il confine di contatto è definito dall’incontrarsi nella diversità, che si evolve poi nel decidere il movimento verso l’altro, intrapreso a partire dalla solidità della propria diversità (dal ground della consapevolezza del sé).
Margherita Spagnuolo Lobb