In attesa di incontrare il Professore Umberto Galimberti il 6-7 Giugno a Siracusa

In attesa di incontrarci al Convegno Lasciarsi trasformare dai figli. La genitorialità nella società postmoderna, col professore Umberto Galimberti che si terrà a Siracusa il prossimo 6-7 Giugno, vogliamo ripercorrere alcuni passi dell’intervista al Professore Galimberti condotta da Margherita Spagnuolo Lobb.
L’intervista, pubblicata sul volume XXIII (2010/1) dei Quaderni di Gestalt è espressione di un vivace dialogo fra una visione psicanalitica e alcuni assunti del modello gestaltico, e rappresenta un’importante occasione di apprendimento e di confronto sui temi della vita e del dolore nell’arte dello psicoterapeuta
Margherita Spagnuolo Lobb
È stato detto da più parti che oggi l’incertezza regna sovrana: le persone e soprattutto i giovani, convivono tutti i giorni con il senso di precarietà e incertezza. Non c’è certezza di trovare un lavoro, né di rimanere in una relazione, e in fondo nemmeno di rimanere vivi! Tutti gli aspetti della vita sociale sono pervasi da questo sentire generato dalla società post moderna, che ha spazzato via i valori certi (a cui le generazioni precedenti erano abituate). La cultura della globalizzazione, che ha reso il mondo senza confini, un contenitore attraversabile da tutti, in cui nessuno è al riparo da nulla, è il nuovo habitat. Vivere nell’incertezza è la sfida che trasversalmente tocca tutte le persone e i ruoli della società.
Tu pensi che la creatività terapeutica possa dare un contributo al mondo? Pensi che la psicoterapia oggi sia una faccenda di arte, di téchne o di anànke?
Umberto Galimberti
C’è una base dura che è l’anànke. Nessuno può uscire dal proprio destino, che poi è la propria natura, e tutti coloro che pretendono di essere iper-liberi in realtà sono decodificati dal loro destino. Fra libertà ed identità c’è un enorme conflitto. Io sono convinto che siamo pochissimo liberi e molto identificati. Questo ci consente di riconoscerci, perché c’è una costante nei nostri comportamenti.
Mi viene in mente Sartre che si rompe una gamba e in ospedale continuano a dirgli: “Ma non potevi salire in montagna con una guida?” e la sua risosta: “Ma tu te lo vedi Sartre che sale in montagna con una guida?”. Ecco, qui è l’anànke, il destino: la natura di Sartre non gli consente di salire con una guida, quindi non è libero di salire con una guida. Questa è la parte del destino. All’interno abbiamo dei margini di modificazione sulla base di processi seduttivi: l’altro ci può modificare seducendoci, conducendoci a sé, portandoci gradatamente in una visione del mondo altra rispetto alla nostra. La terapia consiste sostanzialmente nell’ampiamento della visione del mondo: se ho una visione piccola del mondo i dolori possono facilmente occuparla tutta, se invece ho una visione più grande del mondo, ho più strumenti per trattare i dolori. Per cui definirei la terapia come la possibilità di una modificazione della natura rigida di ciascuno di noi, o anànke, destino, attraverso un ampliamento della visione del mondo. La terapia dovrebbe fare questa operazione, allargare la visione del mondo, per cui non può prescindere dalla cultura, non può prescindere dalle letture
 
Margherita Spagnuolo Lobb
Un compito, quindi, sociale e politico.
 
Umberto Galimberti
Si, assolutamente si
 
Tratto da: “La vita e il dolore nell’arte dello psicoterapeuta. Intervista a Umberto Galimberti”, in Quaderni di Gestalt XXIII, 2010/1. Franco Angeli, Milano
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