Vorrei riflettere sul senso di essere siciliani oggi, sull’impegno e il coraggio di siciliani come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Peppino Impastato e alla rilettura critica che hanno fatto della mafia. Nei confronti di questo fenomeno sociale così grave, la tentazione è quella di fuggire, rimanere in silenzio, non voler percepire il dolore che ci procura, anche solo in termini di dignità e di appartenenza alla cultura siciliana.
Cosa fare noi, come psicoterapeuti ed in particolare psicoterapeuti siciliani? Il nostro, spesso, non è un tempo veloce ed immediato, i cambiamenti che desiderano i pazienti e la società richiedono maggiore lentezza, ma d’altro canto questo implica spazi di intervento ampi, alle radici della mentalità mafiosa, nel profondo rapporto tra genitori e figli o tra utenti e strutture. Ecco perché mi piace riflettere, oggi, sul senso del fare psicoterapia come spazio e augurio per la capacità di ascolto e di accoglienza dell’altro, senza intrusioni o inganni. Un entrare in contatto tra le persone e la loro terra, in cui la cura non coincide con l’avere potere su qualcuno.
Marilena Senatore