Abbiamo il piacere di inaugurare una nuova rubrica, con l’intento di condurre i nostri lettori ad una conoscenza dei concetti teorici di base del modello gestaltico e della formazione proposta dall’Istituto di Gestalt HCC Italy.
Il nostro augurio è che questo spazio, con le nostre proposte di riferimenti teorici e di definizioni chiare dei principali concetti gestaltici, possa costituire, settimana dopo settimana, un utile strumento a chi vuole accostarsi alla psicoterapia della Gestalt e comprenderne la declinazione clinica nelle relazioni di cura.
Iniziamo oggi con un po’ di storia che ci riporta agli anni ’50, ai nostri fondatori, al rapporto con la psicoanalisi e all’elaborazione dei primi elementi portanti l’impianto epistemologico e teorico-clinico del nostro modello.
La nascita della psicoterapia della Gestalt.
Buona lettura!
PSICOTERAPIA DELLA GESTALT
di Margherita Spagnuolo Lobb
La psicoterapia della Gestalt è un metodo psicoterapico post-analitico, sviluppatosi negli anni Cinquanta, nell’ambito delle psicoterapie umanistiche. Nasce a New York, nel 1950 circa, dalle intuizioni di Friedrich S. (Fritz) Perls, uno psicoanalista ebreo tedesco, e per opera di un gruppo di intellettuali statunitensi, profondi conoscitori della psicoanalisi, che elaborò le intuizioni di Perls. Questi, insoddisfatto della teoria freudiana dell’Io, intuì che l’introiezione termina il proprio compito evolutivo fondamentale molto prima di quanto avesse teorizzato Freud e indicò nello sviluppo dei denti (fase dentale) l’evidenza fisiologica di tutto ciò. La capacità di masticare e di mordere che nasce nell’organismo con lo sviluppo dentale dà assoluto rilievo all’aggressività in un momento evolutivo significativamente anteriore a quello teorizzato da Freud. L’aggressività stessa venne intesa da Perls in termini positivi, di sopravvivenza e di crescita fisica ed esistenziale dell’organismo. Le tre parole-chiave del titolo del primo libro di Perls, scritto nel 1945, prima ancora della fondazione della psicoterapia della Gestalt – L’Io, la fame, l’aggressività (Perls, 1995) – sintetizzano la sua critica alla teoria freudiana sulla natura umana: non aver dato il giusto e fondamentale rilievo alla capacità dell’organismo di soddisfare i propri bisogni (la fame) attraverso un’attività auto-affermativa (l’aggressività), che gli consente di assimilare o rifiutare l’ambiente, a seconda che esso gli si presenti come nutriente o nocivo. L’Io, la fame, l’aggressività diventarono quindi gli elementi portanti di questo nuovo modello di psicoterapia, i cui fondamenti sono contenuti nell’opera di F.Perls, R.F.Hefferline e P.Goodman, Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the Human Personality (1951).
Alla base di esso c’è la convinzione che ogni esperienza non può che avvenire al confine del contatto tra un organismo animale umano e il suo ambiente.
E proprio ciò che avviene in questo confine che è disponibile all’osservazione scientifica e all’eventuale intervento terapeutico. Il processo di contatto tra l’organismo umano e il suo ambiente consente all’individuo di imparare ad orientarsi nel mondo e ad agire su di esso al fine auto-conservativo di assimilare la novità – il diverso da sé – e di crescere.
Tratto da GestaltPedia, l’enciclopedia digitale della psicoterapia della Gestalt.
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