Il rapporto fra il metodo fenomenologico e la psicoterapia della Gestalt è complesso e diversificato.
Con Jaspers, il terapeuta è teso a comprendere i vissuti del paziente attraverso l’immedesimazione, senza cercare spiegazioni naturalistiche; a questo si aggiunge l’attenzione ai vissuti controtransferali e co-costruiti. In accordo con la lezione di Merleau-Ponty, i vissuti corporei (costitutivamente in relazione) sono il luogo che mette in contatto paziente e terapeuta con il flusso del «mondo-della-vita» da cui emergono sensazioni, emozioni, pensieri e, quindi, la direzione terapeutica.
L’essenza del metodo gestaltico è sostenere nell’incontro terapeutico l’emergere di una figura co-creata a partire dal «mondo-vissuto». Per accedere a questo livello di esperienza occorre sperimentare quella che Husserl ha chiamato la «conversione fenomenologica» attraverso l’epochè: questa è la sospensione dell’attitudine ingenua con cui genericamente si interagisce nel mondo mediante l’io. La concentrazione nel qui-e-ora attraverso il contatto con il corpo-vissuto costituisce l’applicazione dell’epochè fenomenologica al processo psicoterapeutico: è la presenza al confine di contatto, «terra di nessuno» in cui sgorga l’esperienza allo stato nascente, ancora prima di essersi costituita come appartenente all’io o al tu.
In psicoterapia della Gestalt, il terapeuta all’inizio della seduta si focalizza sull’«es della situazione» (ovvero la capacità di stare in contatto attraverso i processi corporei impliciti, non verbali e non razionali), tollerando il movimento caotico al confine e sostenendo nel paziente l’incontro con la novità emergente. La presenza così intesa diventa lo strumento terapeutico e l’esperienza vissuta il nutrimento relazionale che non necessita di interpretazione, ma di consapevolezza.
Margherita Spagnuolo Lobb, Pietro A. Cavaleri
VOCE TRATTA, PER GENTILE CONCESSIONE DEI CURATORI, DA:
GIORGIO NARDONE E ALESSANDRO SALVINI (A CURA DI) (2013), DIZIONARIO INTERNAZIONALE DI PSICOTERAPIA, MILANO: GARZANTI EDITORE.