Le nostre riflessioni e contributi per il mese di Aprile saranno dedicate all’esperienza corporea, quella che il fenomenologo Edmund Husserl chiamava il “Punto-Zero” dell’esperienza, sua origine e orientamento fondamentale.
L’esperienza corporea è parte integrante del mondo fenomenico in processo, sperimentata da ognuno di noi, nella sua interezza e immediatezza, nel farsi del contatto con l’ambiente. Ne abbiamo consapevolezza quando il nostro “cuore sobbalza”, quando “guardiamo un arcobaleno nel cielo” (William Wordsworth), oppure quando in una seduta di psicoterapia accade un insight, che viene fortemente “sentito e riconosciuto” in un’unità di pensiero, sensazione e azione: l’“esperienza aha!” (Spagnuolo, 2013).
Introduciamo il tema del mese con le riflessioni e un breve esempio clinico di Ruella Frank tratti da: Quaderni di Gestalt, Volume XXVI, 2013/1,
L’esperienza corporea in psicoterapia
Durante una seduta, osservo l’emergere di schemi ripetitivi o profondi nel paziente ed in me. Questi non sono altro che modalità automatiche con cui il paziente ed io gesticoliamo, respiriamo o camminiamo; e sono inoltre la matrice organizzativa dei nostri schemi posturali. Questi schemi accompagnano e sono alla base della nostra “narrazione incarnata” all’interno del campo relazionale.
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(…) Ma quando una qualunque posizione diventa fissa, dobbiamo chiederci qual è la credenza oppure la storia ripetitiva che accompagna la ripetizione dello schema, ed in che modo entrambi (paziente e terapeuta) contribuiamo ad alimentare quella stessa storia, nel momento in cui emerge.
Penso all’emergere di determinati schemi come a un evento co-creato. Io desidero scoprire la funzione dello schema del paziente e successivamente offrirgli altre possibilità che possano aprire il dialogo.
(…) soltanto così possiamo “prestare il nostro corpo” al paziente, offrire il nostro sé incarnato come sostegno nel campo relazionale.
Permettetemi di fare un esempio. Ho un paziente che spesso si rimpicciolisce sulla sedia: svuota il petto fino a creare una grossa gobba. La testa preme in avanti e verso il basso e le ossa delle spalle sono così incassate che sembra siano state inserite a martellate. Le sue parole sembrano cadere dalla bocca direttamente sulle ginocchia tanto che faccio fatica a capire quello che dice. In quei momenti, mi ritrovo ad allungare la mia spina dorsale fino a sporgere il petto in avanti, tiro indietro la testa, e scandisco le parole in modo sempre più forte. Mentre divento consapevole di me stessa e lo guardo, mi rendo conto che questa è la consueta danza che avviene tra di noi e che coinvolge pensieri, sensazioni e schemi posturali. Una volta consapevole della forma che assumo in questa relazione, lavoro in modo che i nostri schemi reciproci diventino figura.
La narrazione incarnata che creiamo è un fenomeno del campo in cui ogni parte del nostro corpo è in relazione con le altre e contemporaneamente in relazione con la situazione che comprende il luogo, la persona, ecc.
Nel mio modo di vedere, l’esperienza somatica è il processo vitale attraverso il quale le sensazioni, i movimenti, le percezioni, le emozioni, e successivamente il significato, vanno a formare l’esperienza nella sua globalità. È questa la definizione ultima del termine gestalt, che significa appunto “forma”; un clinico può quindi intervenire a qualunque livello e fare qualunque cosa sia appropriata e necessaria per rendere il paziente consapevole di “come” egli forma delle gestalten e organizza la propria esperienza. In realtà, tutti coloro che praticano la psicoterapia della Gestalt fanno un lavoro somatico. Qual è la sede dell’esperienza se non il corpo?
Ruella Frank
L’Istituto di Gestalt HCC Italy avrà come ospite Ruella Frank a Milano nelle date del 10-11 Maggio 2014. Per maggiori informazioni sull’evento clicca qui