Braccia forti nella solitudine

È necessario fornire ai giovani braccia forti che possano contenere e fare rilassare lo stress terribile che avvertono dovendo vivere senza l’altro accudente, in una solitudine angosciante in cui tutto è richiesta di performance, braccia che possano farli riposare e concentrare sulle emozioni, sulla direzionalità dell’eccitazione che avvertono, affinché possano finalmente individuare “chi sono io e cosa voglio da te”.

Margherita Spagnuolo Lobb

Le emozioni di un nuovo gruppo

Un nuovo gruppo di allievi, l’inizio di un nuovo percorso didattico, ed ecco il rinnovarsi di un’emozione difficile da descrivere. Negli occhi di chi mi sta attorno vedo l’ansia e la forza, la paura di essere inadeguati e la voglia di esserlo, e nei loro corpi sento il vibrare di una speranza che ancora oggi è la mia. Li guardo, dentro di me sorrido del loro sentirsi reciprocamente estranei e circospetti ma in fondo fiduciosi e disarmati. E li immagino in un futuro non lontano, quando ricorderanno questo momento con tenerezza e ironia, una volta sperimentata la magia del contatto pieno attraverso il susseguirsi di silenzi, scoperte, baruffe, lacrime, risate, tanta rabbia e incredibili consapevolezze. Sento forte la responsabilità e il privilegio di contribuire a trasmettere un mestiere tanto meraviglioso quanto doloroso. Mi immergo nell’esperienza del nostro incontro, e mi sento me stesso.

 Giuseppe Sampognaro


La relazione incarnata

La scoperta che le intenzioni e gli stati emotivi dell’altro sono direttamente compresi, perché condivisi a livello neurale attraverso un sistema di neuroni specchio, conferma un concetto teorico cardine nella psicoterapia della Gestalt, ovvero l’esistenza di una comprensione dell’altro che non è eminentemente cognitiva, ma incarnata, che avviene al “confine di contatto”, luogo sensoriale ed esperenziale in cui “accade” il qui ed ora della relazione. Nella prospettiva gestaltica ogni relazione con l’altro costituisce sempre una esperienza “incarnata”, intensamente vissuta sul piano “estetico”, incessantemente mediata e attivata dai canali percettivi e dagli organi di senso.

Margherita Spagnuolo Lobb 

Dal dolore alla creatività

Nutro un profondo riconoscimento per lo splendido contributo che ogni psicoterapeuta dà alla civiltà, per il modo – del tutto personale e sempre rispettoso – in cui egli necessariamente integra il dolore della propria vita con quello della vita dei pazienti, per la creatività con cui continua ad amare il genere umano e a “desiderare il desiderio che ciascuno ha dell’altro”.
Margherita Spagnuolo Lobb

Un testo dove incontrarsi

Un pensiero pregnante in Margherita Spagnuolo Lobb, che le permette di dar vita a un testo dove incontrare il lettore lungo un’esposizione consapevolmente soggettiva, ma esente da soluzioni definitive e dall’esigenza di saturare il discorso, operazione che ritengo frutto di un esserci dell’Autrice vivificato da profonda sensibilità umana e autorevole maturità professionale.
Così, accogliendo il clima interlocutorio con cui il testo è intessuto, mi piace concludere rischiando l’ipotesi di un dialogo immaginario tra Spagnuolo Lobb e Mitchell, dove quest’ultimo potrebbe affermare: “I residui del passato non liquidano il presente, ma forniscono progetti per negoziare il presente” (Mitchell, 1988, p. 138) e immagino che Spagnuolo Lobb, forse, continuerebbe dicendo: “Ed è nostro compito di terapeuti, la nostra arte, quella di nutrire l’emergere della novità per sostenere ciò che non è stato sostenuto, ossia il compiersi dell’intenzionalità di contatto: sostenere il now-for-next del paziente”.

Paola Brizzolara