vissuti

I vissuti del terapeuta con i pazienti depressi

– Jan Roubal e Tomas Rihacek.

Lo studio si propone di esplorare i processi esperienziali vissuti dagli psicoterapeuti nel corso delle sedute con pazienti che stanno vivendo un’esperienza depressiva. Metodo: Sono state realizzate delle interviste individuali e all’interno di focus groups con 30 terapeuti, utilizzando come cornice metodologica di riferimento la grounded theory. Risultati: I terapeuti hanno descritto i loro vissuti come caratterizzati da un’oscillazione tra l’avvicinarsi all’esperienza depressiva del paziente e l’allontanarsi da essa. Lo sviluppo di tale oscillazione nel corso della seduta è stato rappresentato attraverso un modello di “processo di co-esperienza della depressione” costituito da 6 fasi. Conclusioni: Le conclusioni teoriche riconducono le risposte emotive dei terapeuti di fronte a pazienti depressi ad un modello processuale coerente, che consente di seguire le modificazioni nell’esperienza dei terapeuti, di dare un nome alle relazioni tra queste modificazioni, e di collegarli con i micro-processi della seduta terapeutica.

Parole chiave: depressione; esperienza del terapeuta; relazione terapeutica; controtransfert;

La domanda che ha guidato la ricerca è stata: come sperimentano i terapeuti una seduta di psicoterapia con un paziente depresso?

Per quanto riguarda la metodologia di ricerca, data la natura esplorativa della domanda, è stata ritenuta appropriata una metodologia qualitativa, abbiamo perciò scelto il metodo della grounded theory, per la sua capacità di cogliere l’aspetto processuale dei fenomeni.

I partecipanti sono stati: trenta terapeuti della Repubblica Ceca (17 donne e 13 uomini), il cui orientamento teorico era rispettivamente: psicodinami- co/psicanalitico (16), umanistico/esperienziale (15), sistemico/sistemico fami- liare (3), cognitivo-comportamentale (2) e integrato (2). I dati sono stati raccol- ti attraverso nove colloqui individuali e due focus groups.

La procedura si è articolata in sette fasi: (1) autoriflessione dei ricercatori, (2) conduzione di interviste individuali e formulazione di un’idea condivisa provvisoria, (3) conduzione di focus groups e sviluppo di categorie, (4) svilup- po di un paradigma di codifica assiale modificata e rianalisi dei dati, (5) formu- lazione di un modello in sequenza e ricerca per la variabilità del processo, (6) validazione del modello attraverso esempi teorici, (7) validazione del modello da parte di un analista uditore.

Risultati

3.1. Oscillazione esperienziale

3.2. Il processo di co-esperienza dei vissuti depressivi

3.2.1. Fase 1: Condivisione dell’esperienza depressiva

3.2.3. Fase 3: Tentativo di modificare i sintomi

3.2.4. Fase 4: Distanziamento dall’esperienza depressiva

3.2.5. Fase 5: Ritorno al paziente

3.2.6. Fase 6: Focalizzazione sulla relazione

(…)

Tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVIII, 2015-1, La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt – parte II
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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Corso con ECM - I Disturbi dello Spettro Autistico clinica ed ermeneutica gestaltica con 50 crediti ECM Palermo

Corso sui Disturbi dello Spettro Autistico

clinica ed ermeneutica gestaltica
con 50 crediti ECM.

Perchè partecipare?
Le recenti stime epidemiologiche dell’autismo ci informano che questa ‘condizione’ presenta un progressivo aumento della sua prevalenza. Per questa ragione è diventato necessario per gli operatori che si occupano di autismo sviluppare competenze, abilità e capacità di ragionamento clinico basate sulla conoscenza teorica e sull’esperienza pratica.
Il corso consente di acquisire competenze teorico-pratiche nell’ambito dello screening e della valutazione del profilo funzionale della persona con autismo, e  all’implementazione delle più adeguate scelte di trattamento evidence-based. Il corso, inoltre, farà conoscere ai partecipanti le più recenti ricerche scientiche nell’ambito dell’imaging e della robotica applicata all’autismo e le potenziali applicazioni al contesto clinico di tali ricerche scientiche.
Una parte del corso sarà dedicata alla visione e alla supervisione di casi clinici (attraverso la visione di video). In questo modo i corsisti potranno osservare e riflettere con i docenti sulla modalità di interazione terapeutica tra operatore, bambino e genitori.
Infine, durante le ore del Corso, i partecipanti svolgeranno Esperienze Pratiche Guidate (EPG) condotte da relatori con riconosciuta esperienza nazionale e internazionale nell’ambito del disturbo dello spettro autistico.
Chi può partecipare?
Il corso è rivolto a Psicologi, Neuropsichiatri Infantili, Pediatri di libera scelta, Terapisti della Riabilitazione Psichiatrica, Logopedisti, Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE), insegnanti di ogni ordine e grado, laureandi e specializzandi nelle discipline suddette.
Dove e quando si svolge il corso?
Il corso si svolge a Palermo, nella sede dell’Istituto di Gestalt HCC Italy.
Il corso ha una durata di 72 ore, le lezioni iniziano nel mese di ottobre 2018 e terminano nel mese di dicembre 2018 con i seguenti orari: Venerdì 10.00-18.00; Sabato 9.00-13.00, 14.00-18.00; Domenica 9.00-14.00
Il calendario completo delle lezioni sarà disponibile sul sito www.gestalt.it
Inoltre è possibile scaricare la brochure per visualizzare i contenuti dei moduli: clicca qui
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Parlando di Gestalt Therapy with Children

Gestalt Therapy with Children è un libro curato da Margherita Spagnuolo Lobb e appartenente alla Collana Internazionale Gestalt Therapy Book Series.
Ha riscosso molto successo dalla sua pubblicazione e in molti chiedono quando uscirà la versione italiana. 

Con questo articolo si vuole entrare nella tematica trattata per spiegare l’importanza che nel presente ha questa pubblicazione soprattutto per la figura dello psicoterapeuta.

I bambini oggi arrivano in terapia per problemi legati all’ansia, al cibo, alla mancanza di concentrazione e alle difficoltà legate al modo in cui socializzano e apprendono. Questo quadro clinico è uno specchio drammatico dell’attuale sviluppo della nostra società. Per anni abbiamo assistito a eventi che mostrano un diffuso disconoscimento della condizione umana. Persone morte a seguito di attacchi terroristici o flussi migratori nell’area del Mediterraneo e drammatici cambiamenti climatici che ci hanno drasticamente colpito.

Che cosa prova un bambino quando ascolta in silenzio le notizie e i commenti degli adulti, o quando è direttamente coinvolto in tali eventi traumatici?

I bambini assorbono la crudeltà e, peggio ancora, la dissociazione degli adulti può indurli a percepire questi eventi come “normali”.
La psicoterapia e la ricerca sullo sviluppo del bambino devono riconoscere queste nuove condizioni in cui i bambini crescono e il lavoro clinico dovrebbe tener conto di questo ormai diffuso sfondo esperienziale.
Questo libro cerca di illustrare il modo in cui gli psicoterapeuti della Gestalt contemporanea affrontano la situazione clinica concreta quando lavorano con i bambini. L’obiettivo è sviluppare nuovi strumenti per aiutare i bambini e le loro famiglie a sentirsi parte della comunità umana, in un modo che non sia desensibilizzato.

È indirizzato agli psicoterapeuti di tutti gli approcci.

Gestalt Therapy with Children
From Epistemology to Clinical Practice
Edited by
Margherita Spagnuolo Lobb, Nurith Levi, Andrew Williams
Preface by Violet Oaklander
Afterword by Gordon Wheeler

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addiction

Esperienza addictive ed esperienza traumatica: fratture dello sfondo a confronto.

Un contributo di ricerca

di Laura Laudicina.
Psicologa e Psicoterapeuta della Gestalt.

Se diversi approcci considerano l’evento traumatico come uno dei possibili fattori predisponenti allo sviluppo di un’addiction, la novità apportata dalla Psicoterapia della Gestalt (Pintus, 2011; 2014; 2015; in press) consiste nel sostenere la sovrapponibilità tra le due esperienze e quindi definire l’addiction come esperienza traumatica piuttosto che come esito di un’esperienza traumatica.

Per la Psicoterapia della Gestalt la dinamica figura-sfondo è una delle modalità principali attraverso cui si organizza e si dà senso all’esperienza, nell’addiction, come nel trauma, questa dinamica è alterata: nell’addiction tutta l’energia, normalmente investita nel processo di formazione di nuove figure, è esclusivamente finalizzata alla ricerca della sostanza, similmente nel trauma le vittime prestano un’attenzione esclusiva a quelle parti del campo in qualche modo legate all’esperienza traumatica, ciò avviene per il bisogno biologico e psicologico di completare la situazione incompiuta, di ritrovare un senso d’interezza (Taylor, 2016). Addiction e trauma diventano quindi figure fisse su uno sfondo irrigidito: il soggetto vive un’esperienza talmente intensa e dirompente che non può essere assimilata nello sfondo e rimane bloccata in evidenza, impedendo l’emergere di altre figure nonché la crescita dell’organismo.

La pervasività della figura interrompe la fluidità del tempo, così che passato e futuro diventano dimensioni sempre più insignificanti e il presente rimane l’unico tempo possibile per il soggetto.

Inoltre, entrambe le esperienze testimoniano un fallimento relazionale precoce caratterizzato dall’assenza di un adulto significativo al confine di contatto che non ha consentito al bambino di sviluppare spontaneamente la sua intenzionalità e, di conseguenza, buone competenze relazionali.

Si è riscontrato anche un substrato neurobiologico comune e un vissuto di alienazione e desensibilizzazione corporea, sperimentato tanto dagli addicted quanto dai traumatizzati.

Questa recente concettualizzazione è stata ampliata da un’indagine sperimentale, condotta su un campione di soggetti addicted e soggetti traumatizzati, che ha evidenziato l’esistenza di importanti connessioni tra il modo in cui i soggetti addicted percepiscono il loro corpo, la loro famiglia di origine, le loro relazioni attuali e il loro vissuto di pazienti e le percezioni che degli stessi concetti hanno i soggetti traumatizzati.

I risultati quantitativi e qualitativi della nostra ricerca hanno confermato la natura traumatica dell’addiction. In particolare, è emerso come il prendersi cura di sé attraverso un percorso terapeutico consenta ai soggetti di riconoscersi meno nel vissuto addictive/traumatizzato. La terapia diventa pertanto il luogo del ripristino della spontaneità al contatto e sul piano neurologico l’esito di tale azione terapeutica corrisponde alla reintegrazione funzionale tra i due emisferi. In accordo con la letteratura gestaltica (Spagnuolo Lobb, 2015), secondo cui nella società attuale il terapeuta deve focalizzarsi e sviluppare strumenti migliori per capire e lavorare sull’esperienza dello sfondo, la terapia dell’addiction, quindi anche del vissuto traumatico, va intesa come una ristrutturazione dello sfondo che consenta l’emergere di nuove figure e il recupero della dinamica temporale.

Riferimenti bibliografici:

Pintus G. (2011). “Tempo e relazione nel vissuto dipendente. Percorsi ermeneutici e clinici”. In: Menditto M., a cura di. Psicoterapia della Gestalt contemporanea. Esperienze e strumenti a confronto. Milano: Franco Angeli.
Pintus G. (2015). “Processi Neurobiologici e riconoscimento terapeutico nell’esperienza addictive”. Quaderni di Gestalt, XXVIII 2015/1,63-71.
Pintus G. (in press). Addiction as persistent traumatic experience: neurobiological processes and good contact.
Pintus G., Crolle Santi M.V., a cura di (2014). La relazione assoluta. Psicoterapia della Gestalt e dipendenze patologiche. Roma: Aracne.
Spagnuolo Lobb M. (2015). “Il sé come contatto. Il contatto come sé. Un contributo all’esperienza dello sfondo secondo la teoria del sé della psicoterapia della Gestalt”. Quaderni di Gestalt, XXVIII 2015/2, 25-56.
Taylor M. (2016). Psicoterapia del trauma e pratica clinica. Corpo, Neuroscienze e Gestalt. Milano: Franco Angeli.

training

L'Istituto e la formazione internazionale: Training for Gestalt Supervisors

L’Istituto di Gestalt HCC Italy è attento alla formazione internazionale per garantire ai propri allievi un confronto con i maggiori esponenti della psicoterapia della Gestalt.

Nella terapia della Gestalt la supervisione è un processo fondamentale, un ambiente di apprendimento e un supporto necessario per la pratica clinica.
Questo processo è un mezzo per comprendere meglio i casi clinici, per riflettere sulla situazione terapeutica e sulla relazione, per orientarsi nel processo terapeutico.

Il training aumenta la consapevolezza dei campi creati dal terapeuta, dal paziente e dal supervisore. Inoltre supporta l’appartenenza alla comunità professionale per essere in grado di offrire la migliore pratica possibile per i clienti.

Questo programma di formazione fornisce una formazione teorica ed esperienziale che mira a sviluppare le capacità di un supervisore della Gestalt.
Ogni seminario sviluppa un quadro teorico e un metodo per supervisionare gli psicoterapeuti dalla prospettiva gestaltica. Fornirà anche hypervisions (supervisione della supervisione).

L’impostazione del gruppo di formazione è di tipo gestaltico: consentirà a tutti i partecipanti di contribuire con la loro creatività e competenza, supportando la riflessione critica sia a livello teorico che pratico.
Il supporto e la presenza di colleghi provenienti da molte parti del mondo e la bellezza dell’Italia forniranno l’ambiente migliore per nutrire le proprie capacità di supervisore della Gestalt.

Chi sono i didatti?

Miriam Taylor, Gestalt psychotherapist, Academic consultant, London (UK)
Jean-Marie Robine, Institut Français de Gestalt-Thérapie, Bordeaux (France)
Jan Roubal, Gestalt Studia and Masaryk University, Brno (Czech Republic)
Margherita Spagnuolo Lobb, Istituto di Gestalt HCC Italy, Siracusa (Italy)

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wolfgang

Wolfgang Tschacher e l'Istituto: quale contributo per la formazione?

Di cosa trattava il convegno organizzato dall’Istituto di Gestalt HCC Italy?

Il convegno internazionale di studio Corporeità e psicopatologia. Psicoterapia della Gestalt e nuovi sviluppi scientifici sulla sincronia terapeutica ha permesso di dialogare intorno al tema della sincronia come elemento centrale della relazione, dalla relazione terapeutica a quelle primarie.

Dal contributo di  Wolfgang Tschacher che ha esposto le sue ricerche sul tema mostrando come sia possibile utilizzare una metodologia quantitativa in un campo esplorato principalmente dalla ricerca qualitativa, e dal contributo di Margherita Spagnuolo Lobb, che ha illustrato il modello osservativo dei passi di danza grazie a cui è possibile notare la diade caregiver-bambino nella loro interazione reciproca, si sono svolte riflessioni su come la sincronia sia possibile nelle diverse condizioni di sofferenza psichica anche grazie all’apporto fornito dalle Neuroscienze.

Dott. Francesco Lotta

Qual è il pensiero nuovo che ha apportato e a cosa serve nella relazione di cura? 

Il pensiero nuovo apportato dalle giornate del congresso è che la sincronia è un elemento della relazione incarnata traducibile in chiave quantitativa. Le ricerche di Wolfgang Tschacher hanno, infatti, reso possibile una discussione sulla rilevazione dei parametri fisiologici dei movimenti sincronici tra terapeuta e paziente, tra caregiver e bambino e nelle coppie.

Dagli studi presentati è emerso come la sincronia, definita dallo stesso Tschacher il qui e ora gestaltico, sia correlata positivamente con l’alleanza terapeutica, con l’attaccamento sicuro del paziente e con la self-efficacy di quest’ultimo. Come nell’esempio dei metronomi, inizialmente desincronizzati e, con il supporto del campo, in un secondo momento coinvolti in un movimento sincronico, allo stesso modo, nel corso del processo terapeutico è possibile rilevare come a partire da una desincronizzazione tra paziente e terapeuta, si arrivi, attraverso un campo che sostiene, a una sincronizzazione.

Parlare di sincronia implica, pertanto, un riferimento alla condizione del tempo, un “tempo-con”, un tempo che si declina nella relazione con l’altro. In altre parole, il tempo è sempre situato in una situazione vissuta tra corpi, assume significato in una dimensione intercorporea, in un contesto relazionale incarnato, in un processo che viene condiviso e co-costruito con l’altro. La psicopatologia è, dunque, una mancanza di sintonia, di riconoscimento dell’altro.

I dati empirici sulla sincronia possono risultare un valido supporto nella cura della sofferenza attuale, poiché sincronizzare i movimenti del corpo aiuta a stabilire una intesa inter-cerebrale; da qui l’importanza, in un setting strutturato, di osservare la reciprocità tra paziente e terapeuta come strumento di costruzione di un ground sicuro. Tale riflessione è, dunque, fondamentale a livello clinico-terapeutico: occorre interrogarsi su come ripristinare i processi sincronici attraverso la regolazione nella relazione tra organismo e ambiente.

Dott.sse Alessandra Vela e Marilena Di Pasqua 

Che cosa dice di specifico la psicoterapia della Gestalt secondo il direttore e i didatti dell’Istituto?

La Psicoterapia della Gestalt propone lo sviluppo di un modello in cui la sincronia si declina come incontro di due unicità: chi si prende cura e chi si affida all’altro.

In occasione del convegno internazionale con Wolfgang Tschacher – uno degli studiosi più autorevoli in rapporto alle ricerche sulla sincronia tra terapeuta e paziente – il direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, Margherita Spagnuolo Lobb, ha trattato la sincronia a partire dalle relazioni primarie e ha  presentato il suo modello che guarda alla relazione madre/bambino come una danza il cui focus di osservazione non è più soltanto il bambino ma il campo fenomenologico in cui è inserito e la reciprocità della relazione stessa, il reciproco muoversi verso l’altro che caratterizza la vita di tutti.

“La danza può essere definita come il modo in cui due persone si intuiscono, si vedono e si riconoscono a vicenda, si adattano l’uno all’altro, fanno passi coraggiosi insieme, si divertono, si raggiungono, si lasciano andare all’altro e si prendono cura dell’altro” (M. Spagnuolo Lobb, 2016).

I passi di danza non sono intesi in termini maturativi e sequenziali ma come competenze autonome in interazione reciproca che si sviluppano e si intrecciano nell’arco della vita e che ci aiutano a capire cosa accade nel “tra”, al confine di contatto tra il bambino e il suo ambiente.  In altre parole, la melodia che il bambino impara a suonare fa parte a sua volta di un’opera musicale più ampia, che si crea nel campo fenomenologico. Questo si verifica sia nelle relazioni primarie che nella relazione terapeuta/paziente.

Il direttore, citando gli studi di Stern sul now moment,  mette in luce come il cambiamento avviene all’interno di un sistema caotico e in modo imprevedibile. Durante l’incontro terapeutico, per esempio, avviene qualcosa di assolutamente nuovo che crea il momento propizio; il terapeuta deve coglierlo e farlo diventare momento di incontro e contatto pieno.

I passi di danza sono pertanto per la Psicoterapia della Gestalt un modo per studiare come incontrarci nel momento propizio e la relazione terapeutica è il luogo della cura, il confine in cui avviene l’affidarsi del paziente ad una nuova storia e il configurarsi del terapeuta come altro capace di ascoltare e sentire ciò che precedentemente non è stato ascoltato e sentito.  Secondo la conoscenza relazionale estetica propria della Psicoterapia della Gestalt, il terapeuta è parte del campo esperienzale del paziente, usa la propria risonanza per comprendere la situazione e per  cogliere la sua intenzionalità di contatto. La terapia così concepita, diventa luogo ed esperienza del reciproco riconoscimento.  La scoperta dei neuroni specchio (Gallese, 2006) e delle neurocezioni (Porges) sono l’evidenza scientifica della capacità umana di cogliere l’intenzionalità altrui e dell’intercorporeità dell’esperienza. Il Dott. Pietro A.Cavaleri, didatta e psicoterpaeuta della Gestalt, rifacendosi alla teoria polivagale, spiega la sincronia come esperienza che  si basa  su un processo neurale, distinto dalla percezione e che sfugge alla consapevolezza,  ma che si attiva nel momento dell’incontro con l’altro. Qui –  afferma Cavaleri – si coglie in pieno l’importanza del sincronizzarsi: tutto si decide su elementi neurocettivi mediati dal corpo.

Studi recenti hanno evidenziato che alcuni disturbi psichiatrici sono legati all’incapacità di esprimere comportamenti sociali approppriati. Per questo come sottolineato dall’intervento della Dott.ssa Valeria Rubino, psichiatra, didatta e psicoterapeuta della Gestalt,  l’attenzione alla sincronia diventa indispensabile quando lavoriamo con l’esperienza psicotica, quando cioè non è sufficiente il linguaggio verbale a mediare il rapporto terapeutico. Gli psicotici vivono un’esperienza molto angosciante e, per aiutarli, dobbiamo essere in grado semplicemente di stargli accanto nella loro esistenza, ed è questo stare con l’altro e la sua angoscia a costituire il sostegno allo sfondo esperienziale di cui il paziente necessita per portare avanti la sua tensione verso il cambiamento. In linea con quanto esposto dalla Dott.ssa Rubino, il dott. Miclele Cannavò, psichiatra, psicoterapeuta e didatta dell’Istituto,  presenta un’esperienza di sincronie corporee attraverso l’uso delle immagini condotta in una comunità di cura per pazienti con disturbi gravi.  Diventa di grande importanza il ruolo dell immagini nel sostenere ciò che emerge nel qui ed ora della relazione; esse diventano ground in grado di facilitare l’incontro tra terapeuta e paziente. Infine, particolarmente suggestivo, l’intervento del Dott. Giuseppe Sampognaro, didatta e psicoterapeuta della Gestalt, che ricollegandosi al potere dell’uso dell’immagine per lavorare sul vissuto percettivo della persona, si sofferma sull’esperienza terapeutica come sincronia dei vissuti. Noi come terapeuti della Gestalt, per centrare l’obiettivo del contatto pieno, dobbiamo partire dai sensi e abbandonarci alla dinamica per cui percepire significa “prendere” ciò che a noi serve, ciò che fa figura, ciò che ci punge, per entrare nell’esperienza della persona con cui lavoriamo.

Dott.ssa Mariacatena Perrone

 

psicoterapeuti

Congratulazioni ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt!

Auguri ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt che il 15 Giugno presso la sede di Palermo dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, completando il loro percorso formativo!

Con orgoglio vi consegnamo al mondo e vi auguriamo un percorso professionale degno della vostra sensibilità ed umanità.

CEREDA ALESSANDRO Titolo Tesi “La fototerapia in pdg: il ruolo delle immagini nel sostegno e nel qui ed ora delle relazioni terapeuticheRelatore: Dott. Michele Cannavò

GIGANTE FRANCESCO Titolo Tesi “Dalla Teoria alla Pratica Clinica. Un’ esperienza in una comunità residenziale per tossicodipendenti” – Relatore: Dott.ssa Teresa Borino

ITALIANO ROBERTA  Titolo Tesi “L’esperienza dell’attesa nei padri: una lettura gestaltica” – Relatore: Dott.ssa Susanna Marotta

LA PIETRA FEDERICA Titolo Tesi “Radici e Germogli. La PdG e il trauma trans generazionale” – Relatore: Dott.ssa Barbara Crescimanno

LO PORTO ORNELLA Titolo Tesi “Adattamento creativo e tumore al seno: imparare a prendersi cura di sè attraverso la malattiaRelatore: Dott.ssa Marilena Senatore

MIGLIORE CARLA Titolo Tesi “Neuroscienze e setting clinico in PdG: possibili integrazioni” – Relatore: Dott. Giancarlo Pintus

SANNA MARGHERITA Titolo Tesi “L’esperienza del silenzio in psicoterapia della Gestalt: dalla concentrazione alla creatività nella relazione” – Relatore: Dott.ssa Marilena Senatore

SORCE MARIA Titolo Tesi “E-migrare: la vita altrove. Aspetti psicologici e sociali del fenomeno migratorio” – Relatore: Dott. Giuseppe Cannella

VELLA AMELIA Titolo Tesi “Sostegno alla genitorialità in famiglie con figli con disabilitàRelatore: Dott.ssa Donatella Buscemi

“Che possiate sempre portare con voi la vostra casa in volo”!

danza terapeutica

La danza terapeutica tra eccitazione e sostegno

-Margherita Spagnuolo Lobb.

Le osservazioni di Stern (1985; 2004; 2010), le scoperte delle neuroscienze (Gallese, 2006a; 2006b, Damasio, 2010) sono tra le principali evidenze scientifiche che ci portano a pensare che la cura delle esperienze depressive o di quelle maniacali (intese come spostamento dell’ansia nell’agire) non può consistere soltanto nella parola, nell’interpretazione, nel capire se stessi, nel rendere conscio tutto ciò che è inconscio. Occorre soprattutto che il paziente riapprenda la danza tra eccitazione e sostegno, tra paura del rischio e sostegno alla propria energia/desiderio. Si tratta di riapprendere la danza, originata nelle relazioni primarie, tra eccitazione del bambino e accoglienza della madre, tra l’andare verso l’altro con energia e spontaneità e la risposta più o meno rilassata, più o meno accogliente, più o meno energetica dell’altro.

Nella mia pratica clinica, mi sono più volte chiesta quali sono gli aspetti della relazione che un terapeuta deve attraversare per curare l’implicito angosciante del paziente (e anche proprio!).

Nel campo fenomenologico terapeutico cerco e custodisco l’intenzionalità, il movimento in avanti, la speranza, e sostengo la tensione verso il futuro.

Nella clinica delle esperienze depressive colpisce la fissità, che fa figura attraverso la ripetitività dei vissuti e l’assenza di una loro evoluzione trasformativa. La fissità è data dal blocco dell’equilibrio tra eccitazione e sostegno, che sentiamo in ogni contatto significativo e nuovo con il mondo. La fissità riguarda la figura che emerge da uno sfondo esperienziale, sia del paziente che del terapeuta. È in questo sfondo che il movimento permane ed è questo movimento che dobbiamo ricercare e sostenere e che realizza, anche se in modo non evidente, l’evoluzione terapeutica.

Chiamo questo particolare tipo di movimento il now for next in psicoterapia. È il concetto fondamentale che ho espresso nel mio libro, Il Now-for-Next in Psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post- moderna, che parla della fiducia che il terapeuta ha nel movimento intenzionale del paziente. Questo è particolarmente importante quando lavoriamo con l’esperienza psicotica.

Gli psicotici vivono un’esperienza molto angosciante e, per aiutarli, dobbiamo cambiare i punti di riferimento terapeutici che usiamo con i pazienti nevrotici (cfr. Spagnuolo Lobb, 2003; Francesetti, Spagnuolo Lobb, 2013): l’obiettivo non è quello di esplorare nuove possibilità, nuove figure, cosa possibile quando c’è già un ground di sicurezze scontate; l’obiettivo è di stare accanto al paziente, semplicemente stargli accanto nella sua esistenza, ed è già questo stare con l’angoscia del paziente, rischiando di lasciarsi contagiare da lui, che costituisce il sostegno terapeutico su cui può instaurarsi la fiducia del paziente in se stesso e nella propria esistenza. Si tratta di un sostegno allo sfondo esperienziale, un sostegno al movimento che anima non tanto le figure che il paziente porta quanto la sua tensione verso il cambiamento con quel particolare terapeuta. Questo è successo con la mia paziente: il mio starle accanto ha costruito un ground. Chiaramente questo esporsi alla contaminazione richiede al terapeuta una grande forza, fiducia nell’autoregolazione e una grande chiarezza al confine di contatto.

Il terapeuta si assume il rischio e il coraggio di farsi contagiare: decide con coscienza di non fuggire davanti al “lebbroso”. Non tutti i terapeuti possono essere disponibili a farsi contagiare, è un rischio da valutare, una scelta del terapeuta che gli consente di entrare nei meandri più profondi della sofferenza umana.

(…)

Tratto dall’articolo “Le esperienze depressive in psicoterapia della Gestalt”
in Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014-2, La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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sè

Le funzioni del sé e la lettura fenomenologica

Michele Lipani e Elisabetta Conte

Il sé, durante l’adolescenza, attraversa una fisiologica riorganizzazione, con importanti modificazioni della funzione es (trasformazioni corporee, percezione e riconoscimento di nuove sensazioni, emergere di nuovi bisogni ancora in via di definizione) e della funzione personalità (nuova definizione di sé e assimilazione dei cambiamenti connessi con il diventare adulti) (Perls et al., 1971).

Si rendono necessari nuovi adattamenti creativi relativi all’esperienza corporea, sfondo sempre presente nel processo di contatto, base sicura su cui poggiano sia il sentimento di esistere e di avere una identità (la pienezza del sentir- si un “io”), che il farsi azione di questa identità attraverso i gesti, le posture, le azioni che portano all’altro (Mione e Conte, 2012).

L’adolescente sembra oggi giungere più fragile di fronte a queste nuove sfide (Conte e Mione, 2013) e avrebbe ancora bisogno di un alto grado di holding, anche se di nuova qualità, da parte delle figure adulte (Levi, 2013). Se priva di sostegno (autosostegno e/o sostegno ambientale), la forte eccitazione tipica di questo tempo della vita si tramuta in ansia e, per non essere sentita, in desensibilizzazione corporea. Dalla funzione es anestetizzata non nasce alcun interesse, non si crea alcuna figura che sostenga l’intenzionalità. Possiamo allora affermare che: «L’esperienza depressiva è una condizione nella quale la dinamica figura/sfondo stenta a mettersi in movimento: lo sfondo è senza energia, non vi sono stimoli, interessi, slanci di intenzionalità (…)» (Francesetti, 2011, p. 83).

Si respira un’aura da «ottundimento dei sensi» (Spagnuolo Lobb, 2011, p. 39) difficile da condividere, come per Luca, sedici anni, che nel tentativo di raccontare come si sente accenna al suo corpo “zavorrato”, al senso di impossibilità di fare le cose «come in certi sogni in cui vuoi correre, scappare, ma non riesci a sollevare le gambe». Quando non trova parole, cita testi di brani musicali che possono avvicinarsi alle sue sensazioni e risvegliarle. Allora si riconosce nei versi di Open, brano dei The Cure, e trascrive:

… Non ce la faccio più, sono diventato così, Quando la vita perde ogni senso
Continuo a muovere la bocca
Continuo a muovere i piedi

Oh mi sento così stanco…
E come la pioggia cade a dirotto Così io mi sento dentro…

Altre volte gli adolescenti sembrano imbrigliati da sensazioni più cupe e fanno riferimento a percezioni visive in cui prevale il buio, il non vedere; le sensazioni tattili/epidermiche esprimono il freddo e il non sentire; spesso il silenzio diventa insostenibile. Francesca, spiegando che non ha voglia di uscire con gli amici, racconta che quando è con gli altri sente di essere «un’ombra insignificante: … se sono da sola, in silenzio posso riuscire a stare tranquilla, ma non sopporto il silenzio del mio mutismo quando sono con gli altri e non riesco a pensare nulla, a dire nulla. Allora molto meglio seppellirmi a casa». Le sensazioni di tipo cinestesico rimandano invece al senso di galleggiamento nel vuoto, al cadere, al sentire il peso e la stanchezza, oppure un senso di disorientamento spesso soffocato.

La funzione personalità, durante l’adolescenza così vivida e fertile nell’assimilare esperienze creative e affamate di novità, nell’impasse depressiva si connota di vissuti di inadeguatezza e di impotenza, come per Gianluca, quindici anni, che fino alle scuole medie era un alunno brillante, ma con l’ingresso nelle scuole superiori non comprende e non tollera il “tonfo” del suo rendimento scolastico. Nonostante il suo impegno, gli sembra che tutti siano più in gamba di lui e i suoi voti sono irrimediabilmente “da bocciato”: «Forse non sono così intelligente come gli altri credono, forse la scuola non fa per me».

L’adolescente che attraversa una fase depressiva si macera nel conflitto insanabile, tra ciò che vorrebbe essere e ciò che riesce ad essere, tra ciò che vorrebbe fare, i suoi sogni, le sue aspettative, e ciò che poi effettivamente fa. Ancora peggio se deve mettere in discussione le aspettative che gli altri hanno nutrito per lui e sostituirle con nuove aspettative più sue. Da ciò scaturisce il sentire la fatica di diventare se stesso, il senso di inadeguatezza e di inibizione, l’impotenza, la paura di non essere “visto”, di non valere abbastanza.

(…)

Tratto dall’articolo “Giovani funamboli:esperienze depressive in adolescenza”
in Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014-2, La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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sviluppo

Lo sviluppo polifonico dei domini

Verso una prospettiva evolutiva della psicoterapia della Gestalt

-Margherita Spagnuolo Lobb.

Rispondendo alla domanda “quale prospettiva sullo sviluppo è coerente con i principi della psicoterapia della Gestalt e dunque utilizzabile a livello clinico dai gestaltisti?”, l’autrice afferma che ciò che serve al clinico non è tanto una teoria dello sviluppo in sé, ma una “mente evolutiva”, ossia una mappa per comprendere come il passato si rivela nel presente, che possa aiutarlo a intuire sia l’evoluzione delle modalità di contatto del paziente che il suo movimento interrotto, l’intenzionalità di contatto bloccata che chiede di essere liberata nel presente. Presenta dunque un modello per osservare come le risorse del paziente sono ancora disponibili nella relazione o sono dormienti.

La chiave concettuale di questo lavoro è lo sviluppo polifonico di domini, che l’autrice propone come una prospettiva epistemologicamente coerente di guardare, nel qui e ora della seduta, allo sviluppo del paziente, come una funzione del campo fenomenologico, allo scopo di sostenere l’eccitazione per il contatto che ha perduto la sua spontaneità, nel quadro di riferimento della domanda di terapia del paziente. Descrive i domini gestaltici, le loro caratteristiche e i rischi che implicano nel caso di un confine di contatto desensibilizzato.

Sebbene la psicoterapia della Gestalt sia nata proprio da un’idea innovativa rispetto alla teoria freudiana dello sviluppo (la ben nota fase dell’aggressione dentale, Perls, 1942), i suoi seguaci si sono tenuti distanti da una concettualizzazione dei processi evolutivi, almeno fino agli anni ’80, momento in cui tutte le correnti psicoterapeutiche si sono rivolte alla relazione e alla cura dei pazienti gravi. A quel punto, la critica all’approccio evolutivo sostenuta dagli psicoterapeuti della Gestalt – secondo cui guardare allo sviluppo del paziente era una distrazione dalla freschezza della relazione nel qui ed ora – fu sostituita dalla ricerca di una teoria evolutiva che fosse in linea con i principi epistemologici della psicoterapia della Gestalt.

In questo articolo intendo proporre una prospettiva gestaltica sullo sviluppo (più che una teoria evolutiva) che consenta al terapeuta di rimanere nella freschezza del contatto presente con il paziente, e di considerare nel proprio lavoro la profondità che emerge dalla “superficie” del loro incontro. Attingendo alle teorie evolutive contemporanee, descriverò il concetto di dominio come un ambito esperienziale che include alcune capacità di contatto. (…)

1. Un esempio di prospettiva gestaltica sullo sviluppo

Secondo la terapia della Gestalt, l’individuo contatta l’ambiente utilizzando le forme di sostegno fisiologico specifico di cui dispone. Queste sono parte della sua esperienza e sono necessarie per l’autoregolazione spontanea del suo essere-con. Ecco un esempio. Un bambino vomita la mattina quando deve andare a scuola; i genitori, già stressati perché faranno tardi al lavoro, lo rimproverano; il bambino si sente umiliato. Nella sua esperienza, vomitare rappresenta un sostegno fisiologico che gli consente di scaricare una tensione. Se si sente accettato dai genitori, con la sua angoscia e la sua confusione emotiva, sarà in grado di attingere al sostegno fisiologico che ne deriva. Tornerò nel corso dell’articolo a questo esempio.

L’attenzione al corpo che caratterizza il metodo gestaltico segna un passaggio importante per tutta la psicoterapia: da un concetto di profondità riferito a localizzazioni psichiche, ad una profondità intesa come incarnazione della relazione (Spagnuolo Lobb, 2005). Se per Reich il corpo era il luogo della repressione dei conflitti, e per Perls il mezzo privilegiato di espressione di un’esperienza olistica ed esistenziale, per gli autori gestaltici contemporanei (in particolare Kepner, 1993; Frank, 2001; Clemmens et al., 2008; Clemmens, 2011) il corpo è l’organo di contatto per eccellenza, che comprende tanto la memoria dei contatti passati, quanto la creazione di quelli presenti. Il linguaggio gestaltico dell’esperienza di contatto riformula la prospettiva psicodinamica nel codice fenomenologico dell’esperienza nel qui ed ora.

(…)

L’articolo tratta i seguenti temi:

2. La questione della teoria evolutiva in psicoterapia della Gestalt

3. La presenza concreta del paziente tra figura e sfondo

4. Le mappa gestaltica dello sviluppo polifonico dei domini in un campo

5. L’organizzazione gestaltica dello sviluppo polifonico dei domini

6. La prospettiva evolutiva della psicoterapia della Gestalt nell’evi- denza clinica

7. Un ricordo personale

Tratto da Quaderni di Gestalt, vol. XXII, 2009-2, Psicoterapia della Gestalt e psicoanalisi
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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