Mindfulness

Mindfulness e psicoterapia della Gestalt: pratiche di consapevolezza

-Corso introduttivo alla Mindfulness Based Stress Reduction-MBSR (II ed.).
 
“Finchè siamo vivi e respiriamo,
c’è molto più di positivo in noi
che non di negativo”
J.Kabat-Zinn

 
La mindfulness viene denita da Jon Kabat-Zinn come la consapevolezza che emerge attraverso il prestare attenzione allo svolgersi dell’esperienza momento per momento, con intenzione, nel presente e con un atteggiamento non giudicante.
Nell’introduzione al primo volume di “Teoria e Pratica della Terapia della Gestalt”, Perls, Hefferline e Goodman affermano che scopo del loro metodo è quello di analizzare la funzione del contatto e di accrescere la consapevolezza della realtà. Nel concetto di consapevolezza la psicoterapia della Gestalt e la  Mindfulness trovano una matrice comune.
L’Istituto di Gestalt HCC Italy propone un corso con protocollo MBSR ( Metodo per la riduzione dello stress basato sulla consapevolezza di mindfulness), sviluppato dal Prof. Jon Kabat-Zinn alla ne degli anni ’70 presso l’Università di Worcester (Boston), che offre un’introduzione alla meditazione di consapevolezza adatta ai contesti clinici e psicosociali.
Negli anni, per le sue potenzialità cliniche, preventive e riabilitative, ha trovato spazio in programmi di intervento negli ospedali, nelle carceri, nelle scuole ed in varie organizzazioni al ne di affrontare molte delle problematiche sia siche che psicologiche legate allo stress.
 

Scopri tutti i dettagli del corso

 

sogno

Il sogno rivela parte di noi

Quante volte al nostro risveglio percepiamo felicità, angoscia o tristezza per un sogno appena emerso alla nostra memoria?
Hai mai pensato che ciò che sogniamo possa rivelare parte di noi stessi?
La Dott.ssa Laura Tirrò, specializzata presso l’Istituto di Gestalt HCC Italy, ha approfondito il tema del sogno evidenziando la sua importanza nella psicoterapia della Gestalt.

Il sogno è un’esperienza quotidiana che accomuna tutti gli esseri umani e che non si ferma mai durante tutto l’arco della vita.
Il sogno riflette ciò che è importante in un dato momento, sintetizzando i ricordi del passato, i problemi del presente e i presagi per il futuro.

In psicoterapia della Gestalt, lavorare con i sogni è parte integrante e fondamentale del processo terapeutico. La terapia gestaltica non interpreta il sogno ma lo osserva, come manifestazione di parti di noi stessi.
Il sogno cerca di dirci qualcosa, si relaziona con noi e con il mondo in cui abitiamo. Il sogno ha radici nel presente e del nostro presente ci parla, fornendoci un’ottima occasione per scoprire i “buchi” della nostra personalità.

In un dialogo tra lo psicoterapeuta della Gestalt e il paziente viene chiesto di raccontare il sogno al tempo presente affinchè il paziente possa entrare in contatto con esso, rivivendolo, nel qui e ora della narrazione.
La bellezza del sogno sta nello scoprire, esplorandolo, che rappresenta un atto creativo ricco di significato.
Ogni aspetto del sogno, ogni personaggio coinvolto, ogni elemento, ogni stato d’animo, è parte integrante del nostro sè frazionato. Attraverso il sogno, raccontato durante la seduta,  il paziente comunica qualcosa che altrimenti non riuscirebbe a comunicare. Così il sogno aiuta il paziente a liberarsi di pensieri e sentimenti trattenuti e a comunicare in modo diretto con il terapeuta, senza doversi chiudere in se stesso.

Dott.ssa Laura Tirrò
Psicologa, Psicoterapeuta della Gestalt

mentalità

La mentalità evolutiva in psicoterapia

Conversazione tra Massimo Ammaniti e Margherita Spagnuolo Lobb.

Margherita Spagnuolo Lobb: Buongiorno Massimo, grazie per avere accettato di dialogare con me sull’approccio evolutivo della psicoterapia. Lungi dalla pretesa di parlare di una teoria evolutiva, questo dialogo vuole essere un tentativo di creare un confronto tra la mentalità evolutiva proposta dal nostro Istituto e il tuo pensiero.

La terapia della Gestalt è nata proprio da una critica alla teoria evolutiva freudiana. Il suo fondatore, Frederick Perls, propose il concetto di aggressione dentale per indicare quella fase nello sviluppo in cui il bambino, mettendo i denti, diventa capace non solo di aggredire il cibo, ma anche il mondo, nel senso che riesce a destrutturare la realtà con un ad-gredere che implica un’energia fondamentale per la sua sopravvivenza. A quei tempi era una cosa abbastanza nuova all’interno della psicoanalisi; gli impulsi venivano considerati fondamentalmente come qualcosa da sublimare, e non da sostenere.

Questa nuova prospettiva implicava necessariamente una fiducia non solo negli impulsi, ma anche nell’autoregolazione dell’interazione individuo/società e uomo-natura, laddove queste realtà venivano per lo più intese in senso dicotomico, per cui impulso e regola sociale erano concepiti come inconciliabili. L’appartenenza appassionata a questa nuova prospettiva portò i terapeuti della Gestalt a disinteressarsi deliberatamente dello sviluppo di una teoria evolutiva gestaltica, come se interessarsi al passato potesse distrarre da un qui e ora auto-regolantesi e dalla freschezza del contatto. Dagli anni ’80 in poi, però, quando i disturbi gravi iniziarono a diffondersi maggiormente, riferirsi ad un approccio evolutivo che aiutasse a costruire una mappa dell’evoluzione della personalità del paziente, è diventato importante, sia per una diagnosi differenziale che per impostare il tipo di trattamento. Tale mappa deve però consentirci di mantenere la spontaneità della relazione terapeutica, in modo da salvaguardare l’esperienza nel suo continuo divenire.

Le tradizionali teorie stadiali dello sviluppo cognitivo e affettivo si rivelano poco adatte al pensiero fenomenologico e alla descrizione dell’evoluzione della competenza relazionale al contatto.

Obbedendo ad un ordine cronologico, e ad una successione di funzioni progressivamente acquisite ed integrate gerarchicamente, il concetto di stadio implica il passaggio da uno stato di immaturità ad uno di maturità. A mio avviso, in psicoterapia, leggere lo sviluppo del paziente in termini di organizzazione stadiale maturativa limita il nostro pensiero a vissuti e comportamenti considerati aprioristicamente più o meno appropriati e maturi. Questo sguardo non ci consente di apprezzare la bellezza, l’armonia con cui sempre la persona affronta la propria crescita, che a mio avviso costituiscono il cuore dell’intervento terapeutico: il sostegno a ciò che già funziona e all’intenzionalità di contatto, concetti che rientrano in quello che sinteticamente chiamo il now-for-next.

Le moderne ricerche evolutive sembrano andare più sul versante del concepire le capacità relazionali del bambino come domini.

Man mano che noi vediamo il bambino, come uno spaccato nei vari anni della sua vita, non guardiamo a degli stadi, cioè a delle competenze stadiali che presuppongono le competenze precedenti, ma guardiamo a come queste capacità, queste competenze relazionali s’intrecciano tra loro. Il punto allora per noi clinici gestaltici è non tanto costruire una teoria evolutiva, quanto acquisire una “mente terapeutica evolutiva”, capace di vedere come l’intreccio di certe capacità si rivela nel qui e ora della seduta e include un “desiderio” di movimento, di evoluzione. Ciò che occorre allo psicoterapeuta della Gestalt è una “mente evolutiva estetica” (capace di vedere l’armonia, ciò che già funziona), più che una mappa epigenetica o uno schema fasico dello sviluppo.

Tu hai sviluppato nel tuo pensiero, in qualche modo, l’idea di una certa flessibilità nello sviluppo, di un’acquisizione di capacità sempre più complesse del bambino. Cosa pensi di questa che secondo me è una dicotomia tra la prospettiva stadiale e maturativa e la prospettiva che sottolinea la complessità e l’armonia insita nello sviluppo?

Massimo Ammaniti

Il concetto di stadio è stato molto utilizzato dalle teorie evolutive sia in ambito dello sviluppo affettivo che cognitivo.

Nella teoria psicoanalitica l’idea tradizionale era che l’individuo passasse attraverso una serie di fasi, che come sappiamo andavano dalla fase orale, alla fase anale, alla fase fallica, alla latenza per poi arrivare nell’età dell’adolescenza al primato della fase genitale. Soprattutto nelle teorie cliniche, lo stadio, e questo è uno dei limiti, veniva considerato un periodo rilevante anche ai fini di una vulnerabilità che si impiantava in una certa fase e che poi si sarebbe sviluppata successivamente.

(…)

Tratto da Quaderni di Gestalt, vol. XXV, 2012-2, La prospettiva evolutiva in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

Consulta indice e contenuti

VIENI A CONOSCERE IL PIANO FORMATIVO DELL’ISTITUTO DI GESTALT HCC ITALY 

congratulazioni

Congratulazioni ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt!

Giorno 11 Maggio 2018 presso la sede di Milano dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, hanno completato il percorso formativo, discutendo la propria tesi di specializzazione:
 
CARLINI CINZIA Titolo Tesi “Sett-ing: evoluzioni e storia di navigazioniRelatore: Dott. Gianni Francesetti

IMPERATO ROBERTO Titolo Tesi “Primum non nocere: per una “Gestalt” etica. Riflessioni su come evitare di ritraumatizzare il paziente nell’incontro clinico” – Relatore: Dott. Bernd Bocian

SALA DANIELA Titolo Tesi “COME NUVOLE IN VIAGGIO: storie di corpi e anime tra terra e mare. Uno sguardo gestaltico all’incontro con giovani richiedenti asilo” – Relatore: Dott. Giuseppe Cannella

COLLI MARZIA Titolo Tesi “Il lavoro terapeutico gestaltico nel contesto ospedaliero: dall’etica della scelta all’estetica della relazione” – Relatore: Dott. Fabrizio Demaria

PAPPALARDO GIULIA NORA Titolo Tesi “Sintonizzazione genitoriale e vulnerabilità alle addiction: alcuni dati di ricerca” – Relatore: Dott. Giancarlo Pintus

MARTONE MELANIA Titolo Tesi “L’obesità: al di là del corpo visibile” – Relatore: Dott.ssa Elisabetta Conte

MARIANO CARLA Titolo Tesi “Dal respiro alla gestione delle emozioni attraverso la meditazione e la terapia della Gestalt” – Relatore: Dott.ssa Elisabetta Conte

LIMITI MATTEO Titolo Tesi “L’amore che non nutre ma che ammala: un’analisi bio-psico-sociale della dipendenza affettiva” Relatore: Dott.ssa Marialuisa Grech

MORDOCCO ELISA Titolo Tesi “Dilemma del porcospino e danza relazionale” – Relatore: Dott.ssa Elisa Profeta

Ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt l’augurio di un prospero futuro personale e professionale, ispirato ai valori umani e terapeutici caratterizzanti il modello gestaltico ed improntato ad una crescita sempre arricchente.

Congratulazioni a tutti voi!

paura

La paura di volare: psicoterapia della Gestalt ad alta quota

La paura di volare è un disagio estremamente diffuso che coinvolge una porzione della popolazione variabile dal 10% al 40%, in base all’intensità della paura sperimentata (Van Gerwen, et al., 1997). Le sensazioni somatiche provate durante le fasi di un volo in aereo sono estremamente particolari e mettono l’uomo a confronto con il cielo, con il senso del vuoto, con il potere della tecnica aeronautica.

In aereo, i sensi dei passeggeri vengono catturati dalle condizioni climatiche esterne al mezzo di trasporto e, contemporaneamente, dalle condizioni interne allo stesso. Da un punto di vista estetico e fenomenologico i passeggeri si trovano immersi in un campo complesso e pluristratificato, all’interno del quale assumono fondamentale importanza le sensazioni somatiche che affiorano alla consapevolezza, talvolta in forte contrasto tra loro: cruciale importanza assume il rapporto che lega la respirazione all’ansia.

Wilhelm e Roth (1998) hanno dimostrato che, durante un volo in aereo, fattori come eccitazione, effetto novità, variazioni di pressurizzazione della cabina e aumenti della temperatura possono determinare incrementi nella frequenza respiratoria e nella velocità del flusso inspiratorio analoghi a quelli determinati dalla paura di volare. A conclusione del loro studio, gli autori hanno dichiarato che l’iperventilazione sembra essere un effetto aspecifico del volare piuttosto che un sintomo della paura.

L’esperienza del volo in aereo è una prova specifica della complessità del rapporto tra campo e corporeità: il campo, infatti, è generato dalla corporeità e contemporaneamente la genera (Robine, et al., 2015).

Lo psicoterapeuta della Gestalt, sensibile alla propria esperienza corporea in contatto con la corporeità del paziente, colloca tale esperienza del “tra” come essenza dell’esperienza terapeutica. È nel “tra” del contatto tra psicoterapeuta e paziente che emerge la figura creativa capace di sostenere l’intenzionalità di contatto del paziente e, nello stesso tempo, di modificare le sue rigidità percettive (Spagnuolo Lobb, 2013).

Un percorso psicoterapeutico specificatamente volto alla cura della paura di volare è un percorso che prevede una relazione terapeutica che porti il paziente ad un avvicinamento graduale alla situazione temuta e che lo sostenga durante l’esperienza di un volo di linea.

In aereo l’incontro tra paziente e psicoterapeuta gode di un intenso dinamismo. Il paziente chiede aiuto per superare la paura di volare, in un determinato momento della propria vita, per riappropriarsi in maniera più consapevole della capacità di occupare lo spazio e di muoversi liberamente attraverso di esso. Le peculiarità del campo ad alta quota mettono a dura prova la naturale evoluzione dell’intenzionalità di contatto del paziente: la ‘tempesta sensoriale’, che coinvolge paziente e terapeuta insieme, getta la materia grezza della figura dentro uno stampo i cui confini si delimitano nel qui ed ora, con una velocità simile a quella con cui l’aereo vola in cielo. Emergono figure eteree che si innestano nel percorso di vita del paziente offrendo a questi una nuova possibilità di orientarsi, distaccandosi da affetti, luoghi, memorie, rappresentazioni di sé, opportunità, per riattaccarsi a questi con una percezione rinnovata.

Dott. Domenico Scarpaci
Psicologo, psicoterapeuta della Gestalt

Riferimenti:

Robine, J.M., Mione, M., Lobb, M. S., Francesetti, G., & Cavaleri, P. A. (2015). “Il campo e la situazione, il self e l’atto sociale essenziale. Intervista a Jean-Marie Robine. Commento di Margherita Spagnuolo Lobb/Commento di Gianni Francesetti/Commento di Pietro Andrea Cavaleri”. Quaderni di Gestalt, 9-24.

Spagnuolo Lobb, M. (2013). “Il corpo come” veicolo” del nostro essere nel mondo. L’esperienza corporea in psicoterapia della Gestalt”. Quaderni di Gestalt, 41-65.

Van Gerwen, L. J., Spinhoven, P., Diekstra, R. F., & Van Dyck, R. (1997). “People who seek help for fear of flying: Typology of flying phobics”. Behavior Therapy, 28(2), 237-251.

Wilhelm, F. H., & Roth, W. T. (1998). “Taking the laboratory to the skies: Ambulatory assessment of self-report, autonomic, and respiratory responses in flying phobia”. Psychophysiology, 35(5), 596-606.

Quaderni di Gestalt

Alla scoperta dei Quaderni di Gestalt

Quaderni di Gestalt è dal 1985 la rivista italiana di psicoterapia della Gestalt. Ha dato voce al dialogo costante che questa scuola ha attuato con la comunità psicoterapica italiana ed internazionale, nonché all’evoluzione di modelli teorici e clinici originali, tradotti poi all’estero. Caratterizzata sin dalla fondazione dallo spirito di una comunità di apprendimento/insegnamento, la Rivista inizia dal 2009 una nuova collaborazione scientifica con le scuole italiane di psicoterapia della Gestalt, cogliendo un segno ed una necessità dei tempi.
Basata sui valori estetici come etica delle relazioni di cura e sui processi di adattamento creativo come principio di sanità, la Rivista ha l’obiettivo di mantenere la scienza vicina alla vita, la ricerca vicina ai problemi clinici. E’ rivolta a psicoterapeuti e a professionisti delle relazioni di aiuto.
La rivista ha la capacità di aprirsi all’attenzione di tutti gli esperti, studiosi e professionisti interessati al confronto multidisciplinare, prendendosi cura delle nuove forme del malessere e delle nuove fragilità delle persone.
I contenuti dell’ultimo volume,  2017/1 – vol. XXX, racchiudono il contributo di molti esponenti internazionali come Madeleine Fogarty, Dan Bloom, Sunil Bhar, Stephen Theiler, Leanne O’Shea, Serge Ginger e Margherita Spagnuolo Lobb. Insieme affrontano argomenti attuali nel campo della psicoterapia della Gestalt come l’epistemologia, la ricerca e la clinica. Il volume mette in risalto l’esperienza condotta in campo pratico in una seduta di psicoterapia rispondendo alla domanda Che cosa fanno i terapeuti della Gestalt nella pratica clinica?  
Questo e molto altro rende i Quaderni di Gestalt la principale rivista di psicoterapia della Gestalt in Italia, con la consapevolezza e la voglia di portare avanti la Ricerca e la Clinica.
 

Scopri i Quaderni di Gestalt

intrappolata

Intrappolata nelle sue parole, un libro di Chiara Caracò

Con immenso piacere l’Istituto di Gestalt HCC Italy promuove il prodotto letterario di Chiara Caracò, specializzanda presso la sede di Palermo.
In un periodo attraversato da affettività labili, gli adolescenti e i giovani hanno bisogno di essere educati sentimentalmente affinché siano in grado di riconoscere un amore non sano che spesso porta logoramento interiore. La storia raccontata fa riflettere sulla fragilità e forza degli esseri umani. Lo sfogo dell’esperienza travolgente che mette in discussione le scelte e il benessere di Akira, si racchiude nello studio di uno psicoterapeuta nel momento in cui lei diventa consapevole di essere intrappolata nelle parole dell’uomo che ama. Avere il coraggio di reagire è il primo passo verso la rinascita.
“Intrappolata nelle sue parole” sarà presente al salone internazionale della fiera di Torino dal 10 al 14 Maggio nello stand della Kimerik.
 
Per info – prenotazioni – eventi – news:
redazione@kimerik.it
www.kimerik.it
094121503

sonoro-musicale

La musicoterapia in una prospettiva intersoggettiva

-Alfredo Raglio e Osmano Oasi

L’articolo pone l’attenzione sulla necessità di individuare una possibile cornice teorica per la musicoterapia. In merito a ciò propone una possibile integrazione tra la prospettiva intersoggettiva e la libera improvvisazione sonoro-musicale. Gli Autori individuano in alcuni concetti chiave, quali ad esempio quelli di “sintonizzazione affettiva”, “affetti vitali” e “momento presente”, il punto di contatto con la prassi musicoterapica improvvisativa. Secondo questa prospettiva le potenzialità terapeutiche dell’elemento sonoro-musicale sono attribuibili alle sue caratteristiche di organizzatore e regolatore nello sviluppo dell’individuo. In tal senso la musicoterapia può favorire, attraverso il canale non verbale sonoro-musicale, il determinarsi di relazioni rappresentative e simboliche sempre più motivate e interiorizzate.

(…)

Aspetti musicali dell’interazione madre/bambino

Le osservazioni di Stern (1985) sulle vicissitudini degli affetti inducono a dare particolare rilevanza all’elemento sonoro-musicale. In particolare, nel corso dell’interazione madre/bambino è possibile individuare, secondo questo autore, momenti di attunement o di disattunement: con essi ci si riferisce a momenti di sintonizzazione o di dissintonia affettiva presenti nella diade, in grado di creare aree di esperienza più o meno condivise. Già nel 1975 Stern aveva messo in evidenza come, nell’ambito delle primitive forme di interazione madre/bambino, vi siano una varietà di comportamenti «il movimento, il tono della testa e del corpo, le espressioni dello sguardo e del volto e le vocalizzazioni» (corsivo nostro) (Stern et al., 1975), che progressivamente si organizzano in modo coerente rispetto alla comunicazione di emozioni ed affetti. Inoltre, a causa delle loro caratteristiche strutturali, «la danza e la musica sono esempi per eccellenza dell’espressività degli affetti vitali» (Stern, 1985) e contribuiscono a determinare quelle condizioni di sintonizzazione affettiva a partire dalle quali si costruisce un primitivo senso del Sé. Curiosamente Stern (1998) utilizza un’immagine tratta dalla comune esperienza concertistica per descrivere gli scambi tra la diade durante l’allattamento: «La madre è come un direttore d’orchestra (talvolta il direttore è il bambino): fa entrare in azione diversi strumenti (scuote, fa oscillare, parla) e regola il volume quanto è necessario per mantenere il bambino al giusto livello d’eccitazione e d’attenzione» (ibidem).

Occorre evidenziare che la “sintonizzazione” non è un semplice processo imitativo, in cui uno dei due partner si limita a riprodurre un comportamento non verbale o sonoro-musicale dell’altro, bensì, come afferma Stern (1985), «…i comportamenti di sintonizzazione […] riplasmano l’evento e spostano l’attenzione su ciò che sta dietro il comportamento, sulla qualità dello stato d’animo condiviso» . E ancora: «L’imitazione comunica la forma, la sintonizzazione i sentimenti. In pratica, tuttavia, non sembra esistere una vera e propria dicotomia fra sintonizzazione e imitazione; i due processi sembrano piuttosto situarsi ai due estremi di uno spettro» (ibidem, 1985); poco oltre «il motivo per cui i comportamenti di sintonizzazione sono così importanti sta nel fatto che la vera imitazione non consente ai due membri della coppia di risalire ai rispettivi stati interni, ma mantiene fissa l’attenzione sul comportamento manifesto» (ibidem, 1985).

L’elemento sonoro si collega a quanto esposto poiché risulta essere parte integrante dei processi protocomunicativi che caratterizzano lo sviluppo del bambino, contenendo in sé aspetti innati e arcaici da cui scaturisce la sua potenzialità simbolica. Numerosi sono i punti di contatto tra tale elemento e la relazione madre/bambino: per esempio, la prima forma di comunicazione avviene attraverso il suono della voce che, prima di acquisire un significato semantico, acquista senso a partire dagli aspetti sonori della vocalità; non è casuale che i parametri che Stern (1985) definisce “amodali” (tempo, forma e intensità) abbiano una marcata matrice sonoro- musicale.

(…)

L’articolo tratta anche:

Dall’interazione disdica a quella musicoterapeutica

Punti d’incontro possibili tra musicoterapia e psicoanalisi

(…)

Tratto da Quaderni di Gestalt, vol. XXII, 2009-2, Psicoterapia della Gestalt e psicoanalisi
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

Consulta indice e contenuti

Potrebbe interessarti anche: Arteterapia. Arteterapia come arte del contatto: la creatività nelle relazioni di aiuto

disturbi

Post-evento: "Disturbi del comportamento alimentare secondo la psicoterapia della Gestalt"

Venerdì 20 Aprile 2018, la dott.ssa Margherita Spagnuolo Lobb, Direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy e della scuola di specializzazione in psicoterapia della Gestalt con sedi a Siracusa, Palermo e Milano è stata invitata dal prof. Daniele La Barbera, Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università di Palermo e Presidente del Corso di Laurea in Tecnica della Riabilitazione psichiatrica a relazionare sui Disturbi del comportamento alimentare secondo la psicoterapia della Gestalt.

Il prof. Daniele La Barbera ringraziando i presenti e introducendo e ricordando il suo rapporto di amicizia, stima e collaborazione con la Dott.ssa Margherita Spagnuolo Lobb, le cede la parola.

La dottoressa Spagnuolo Lobb, dopo aver sottolineato come l’alimentarsi sia una funzione fisiologica che ci lega sia alla nostra autoregolazione organismica che alle relazioni primarie e alla società, introduce l’approccio gestaltico che è un approccio fenomenologico (che guarda all’esperienza e in particolare all’esperienza che va verso qualcosa); estetico (che ci permette di conoscere i nostri pazienti attraverso la sensorialità, in base a ciò che sentiamo, a quello che sperimentiamo nel campo fenomenologico condiviso col paziente, come il terapeuta sperimenta il campo fenomenologico anoressico, bulimico, binge). Continua ancora, sottolineando l’importanza del campo fenomenologico, che è la considerazione non solo di ciò che accade al paziente ma anche di ciò che accade nella relazione terapeuta/paziente.

Prima di iniziare a fare un excursus storico dagli anni ‘70 ad oggi e a parlare nello specifico della classificazione dei disturbi alimentari, la dottoressa Spagnuolo Lobb propone una esperienza di concentrazione corporea che viene accolta pienamente dai partecipanti, chiedendo loro nello specifico come il corpo di ciascun partecipante ha fatto esperienza della colazione quella mattina e che effetto, che emozione prova ciascuno di loro ricordando questa esperienza, invitandoli infine a formare delle diadi per raccontare e condividere insieme questa esperienza, e per chi volesse riportarla anche al grande gruppo.

Successivamente propone un altro esperimento, sempre accolto con curiosità ed entusiasmo, ed infine spiega quali sono gli obiettivi terapeutici per ciascun disturbo alimentare.

La dott.sa Spagnuolo Lobb conclude ringraziando il Prof. La Barbera per l’ospitalità, l’amicizia e la collaborazione scientifica che li lega da tanti anni, e i numerosi partecipanti per l’attenzione, la curiosità e la partecipazione attiva dimostrata, scaturendo in un applauso finale caloroso da parte di tutti i presenti.

Mariangela Corriero

Scopri i prossimi eventi gratuiti