MILANO, 11 marzo 2016: BAMBINI ALLA SCOPERTA DEL MONDO: CONTENERE E SOSTENERE L'ENERGIA

Nella prima parte dell’anno gli incontri “In contatto… con la Gestalt” affronteranno il tema Diventare grandi in un mondo post-moderno: gli sviluppi attuali dell’antica relazione tra i “piccoli”, che devono trovare il loro posto nel mondo, e i “grandi”, che hanno il compito di accompagnarli in questo viaggio.
In che modo possono gli adulti costruire un terreno solido perché i piccoli si muovano con fiducia verso la novità?
Quale sostegno famigliare, comunitario e culturale si può trovare nella società per respirare pienamente con i piccoli, anche quando sentiamo il futuro incerto?
A queste e ad altre domande cercheremo di rispondere, dialogando con alcuni didatti dell’Istituto, su questi temi cruciali che chiamano in causa la nostra responsabilità di adulti in una comunità globale.
 
Il seminario è gratuito, a numero chiuso e rivolto a studenti di psicologia e medicina, psicologi e medici neolaureati, in formazione o già inseriti in contesti lavorativi, interessati a conoscere il modello didattico e metodologico della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia.
 
 

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LA PSICOPATOLOGIA: LA SOFFERENZA DELL’ANIMA

La sofferenza dell’anima, la psicopatologia, è sofferenza del confine di contatto. Può essere sentita come dolore soggettivo oppure no. Quest’ultimo caso accade quando il soggetto non sente pienamente ciò che avviene al confine. Ma lo può sentire l’altro, o un terzo. Da un punto di vista clinico non è il dolore ad essere patologico, ma l’insopportabilità a sostenerlo e ad esserne consapevoli a livello individuale, familiare e sociale. Per ridurre il dolore soggettivo si fa soffrire il tra, il confine. C’è una riduzione del dolore percepito e quindi della consapevolezza. In termini evolutivi, questa capacità di ridurre il dolore insostenibile è stata un’opera creativa che ha protetto l’individuo, la famiglia, la società.
 

Gianni Francesetti, Michela Gecele, Jan Roubal

IL SÉ COME ATTUALIZZARSI DELLA DINAMICA FIGURA/SFONDO Gli sfondi esperienziali del sé con Margherita Spagnuolo Lobb

 
 
L’edizione dei seminari di supervisione 2016 dal titolo “Nuovi sviluppi della teoria del sé e risvolti clinici. Riflessioni cliniche per psicoterapeuti” sarà occasione di approfondimento e aggiornamento su alcuni concetti fondamentali del modello gestaltico.
Questo primo seminario, a partire dal tema classico della dinamica figura/sfondo, si focalizzerà sulle nuove evidenze cliniche attraverso uno sguardo più attento agli sfondi esperienziali dei pazienti. Il sentimento di incertezza, vissuto sia a livello sociale che intimo, è ormai epidemiologicamente diffuso e genera nuove sofferenze relazionali. Si impone allora al clinico l’esigenza di volgere la propria attenzione allo sfondo esperienziale dei pazienti, dando profondità al qui-e-ora. Il seminario, attraverso la supervisione dei casi clinici portati dai partecipanti – gestaltisti e non -, offrirà nuovi strumenti di intervento clinico gestaltico, tradizionalmente incentrato sulle figure.
 

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CYBERBULLISMO. INTERVISTA A MARGHERITA SPAGNUOLO LOBB

Comportarsi o essere un cyberbullo nasce dal desiderio di «dominare l’altro», causandogli «stati d’animo umilianti» e «Internet in questo caso è un rischio». Ma questo comportamento è soltanto «un surrogato della stima di sé»: il bullo o la bulla, come le proprie vittime, «ha bisogno di aiuto».
Perché un ragazzo dovrebbe diventare un cyber bullo?
«Il motivo è che il dominio sull’altro, il fatto di provocargli stati d’animo spiacevoli e umilianti e assoggettarlo a sé facendo leva sulla paura, è un surrogato della stima di sé. Il bullo o la bulla costruisce un senso di potere personale sulle spalle della debolezza provocata negli altri».
Però nell’immaginario collettivo, il bullo è spavaldo e sicuro di sé.
«Chi si comporta da bullo, contrariamente alle apparenze, non è una persona forte e sicura di sé ma esprime insicurezza, scarsa autostima e immaturità. E, come le proprie vittime, ha bisogno di aiuto, e non di essere condannato senza appello e isolato. Anche perché, in molti casi, la responsabilità del suo comportamento non è completamente sua, ma in buona misura anche dell’ambiente familiare e sociale».
Quale la «cura» per questi ragazzi?
«Fare sentire l’amore incondizionato di chi si prende cura di loro, cosa a cui non sono per nulla abituati, a cui non credono. Ma è l’unica cosa che può redimerli verso un atteggiamento di rispetto delle fragilità proprie e dell’altro».
L’avere avuto storie di abusi, alle spalle in famiglia, può essere una causa?
«Sappiamo che tutti coloro che abusano di qualcuno hanno imparato a sottomettere l’altro dalla loro storia familiare. Quelli che abusano, compresi i bulli, sono stati umiliati, non sono stati aiutati a crescere orgogliosi delle proprie forze. Sono ragazzi che hanno subito umiliazioni e vessazioni dai genitori o dagli educatori. Non hanno potuto sviluppare un potere personale pieno e rispettoso verso l’altro. Devono rubare la stima di sé ai più deboli, perché l’unico modo che hanno per sentirsi potenti e validi è l’abuso di potere su chi sentono debole. E si sentono legittimati a farlo perché anche loro l’hanno subito».
In un bambino o in un ragazzo ci sono dei comportamenti che devono far suonare un campanello d’allarme per i genitori? Si può riuscire a capire se il figlio sia o stia per diventare un bullo?
«Le caratteristiche di un bullo sono la spavalderia e la negazione della propria fragilità. A volte questo può tradursi in comportamenti impulsivi frequenti, che mirano ad affermare la propria volontà. Ma il comportamento potrebbe essere anche diametralmente opposto: il ragazzo potrebbe anche chiudersi in lunghi silenzi, come se vivesse solo covando risentimento e aspettando la possibilità di esercitare il proprio potere perverso».
L’aggressività può essere un altro segnale?
«Un ragazzo che passa molte ore da solo, o che è sempre davanti al computer, o che fa battutine sulle ragazze o sull’affidabilità degli adulti, o ancora che reagisce ai rimproveri sbattendo le porte e dicendo parolacce, sta celando nel suo cuore qualcosa che va compreso».
In famiglia si tende ancora a dare la colpa alle cattive compagnie?
«Potrebbe apparire come un segnale superato e invece il pericolo è ancora attualissimo. Il genitore deve abbandonare l’atteggiamento di vedere tutto ciò che riguarda il figlio come roseo e innocente. La società malata arriva a lui prima e più che a noi, attraverso internet e attraverso cattive compagnie. I ragazzi hanno bisogno di confrontarsi con i pari, è essenziale per la loro crescita, dunque il genitore deve controllare che compagnie frequenta non per soffocarlo ma per garantirgli il più possibile un ambiente sicuro. Oggi i genitori devono controllare le frequentazioni dei figli e la sfida per loro è proprio il farlo con amore e non con ansia soffocante».
Quali sono gli altri aspetti di un potenziale bullo?
«Cerca disperatamente di essere membro di un gruppo e questo perché si lascia influenzare dal gruppo. E per essere qualcuno in quel gruppo, per dimostrare di non avere paura, imita chi li istiga. Hanno bisogno di appartenenza, e a volte non ci sono appartenenze alternative per loro. La società offre ben poco per gli adolescenti.
Altri segnali possono essere ad esempio il provare imbarazzo davanti a gesti d’affetto dei genitori: non reggono l’emozione di essere amati. Altro aspetto è il non rispettare le regole. Il bullismo spesso è figlio di un’educazione carente sul piano del rispetto. Se i genitori non intervengono quando le regole di casa e della famiglia vengono violate il bambino, a lungo andare, può cominciare a pensare che questo comportamento non solo sia tollerabile e accettabile, ma anche vantaggioso. Gli atteggiamenti di bullismo, poi, spesso si accompagnano a scarso rendimento scolastico, fino ad arrivare all’abbandono degli studi».
La diffusione di Internet ha amplificato il loro raggio d’azione?
«Internet ormai è onnipresente, ma continua a essere un rischio. Perché per il bullo andare in Rete è fonte di piacere: qui cerca di affermare il proprio potere. Oggi non si può dare fiducia alla Rete, e quindi non si ci si può fidare dell’uso che un minore ne fa. Non è questione di non dare fiducia al figlio, ma di garantirgli un ambiente pulito e rispettoso dei suoi sentimenti. Su Internet sono soprattutto le chat e i social network a essere un ambiente pericoloso per i ragazzini».
Cosa deve fare un genitore?
«La prima cosa che un genitore deve fare è stare vicino al figlio e osservare i suoi modi di essere, cercando di capirlo empaticamente. Senza scoraggiarsi, perché è solo dalla relazione coraggiosa con i figli, dal non temere di “disturbarli” o di essere soffocanti, che nasce la possibilità che crescano con buone abitudini».
da: Giornale di Sicilia del 10 febbraio 2016, giornalista Pierpaolo Maddalena

L’ESPERIENZA ADDICTIVE

La costante perdita di punti di riferimento tipica della società post-moderna fa del trauma, come viene percepito oggi, non più un evento drammatico e circoscritto, ma una condizione stabile e durevole. Nella società liquida l’eccitazione del bambino non ha più contenimento relazionale e la desensibilizzazione appare una risposta adattiva del confine di contatto ad un trauma permanente. L’uomo contemporaneo esprime un forte bisogno di appartenenza in assenza del necessario radicamento nella relazione.
La spinta verso l’autonomia, deprivata di un adeguato e fondativo radicamento nell’altro, lascia incompleta e aperta l’intenzionalità di contatto che cerca, invano, contenimento relazionale. Nell’esperienza addictive il bisogno di appartenenza intima, in assenza di un altro, può essere soddisfatto manipolando la biochimica del legame e dell’attaccamento.

Giancarlo Pintus

da: “Processi neurobiologici e riconoscimento terapeutico nell’esperienza addictive”. In Quaderni di Gestalt N.2015/1 La psicopatologia nella clinica gestaltica – parte seconda

 

Palermo, 15 aprile 2016 SEMINARIO IN POST-CONTATTO: NON SO CHI SONO. NON SO SE CI SONO

Le esperienze dissociative nella clinica gestaltica

con T. Borino e B. Crescimanno

«Nell’approccio gestaltico oltre a vedere queste forme dissociative in un’ottica dimensionale, aggiungiamo una lettura relazionale che le colloca lungo un continuum che va dalla spontaneità del contatto (capacità di adattarsi nel contatto con l’ambiente senza perdere la flessibilità e la presenza, la consapevolezza) all’assenza di consapevolezza al confine, alla desensibilizzazione del sé-in-contatto provocata da processi ansiogeni.
Una peculiarità dell’ottica dimensionale della psicoterapia della Gestalt è lo sguardo alle dissociazioni come adattamento creativo del processo di contatto con l’ambiente. Esso consente di leggere l’esperienza dissociativa all’interno di un accadimento relazionale: “Mi dissocio con te”. Questa peculiare ottica colloca l’intervento gestaltico nella cornice di una necessaria relazionalità: il terapeuta deve innanzitutto fornire quel ground relazionale che consente al paziente di recuperare la spontaneità del processo di contatto rimasto per così dire “sospeso”».
Margherita Spagnuolo Lobb, Valeria Rubino
(Da QdG 2015/1 Vol XXVIII – La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt – II)
L’evento fa parte del ciclo di seminari in post-contatto dedicati alla formazione continua in psicoterapia della Gestalt ed è rivolto a tutti gli ex-allievi dell’Istituto di Gestalt HCC.

Per info e prenotazioni scrivere a info@gestalt.it

Intervista a Margherita Spagnuolo Lobb. La psicoterapeuta: “I figli di genitori gay? Più socievoli e bene adattati di altri”

La dottoressa Margherita Spagnuolo Lobb, direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, spiega perché non solo non ci non ci sono prove certe del fatto che crescere in una famiglia gay possa avere ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale del bambino, ma al contrario ci sono ricerche che provano che i bimbi cresciuti in un contesto di omogenitorialità abbiano maggiori capacità di adattamento alla società e all’ambiente esterno. Ecco che cosa cambia per un bambino che cresce in una famiglia gay e quali problemi potrebbe avere
Su unioni civili e stepchild adoption si stanno scontrando pediatri ed esperti: se alcuni ritengono che crescere con due mamme o due papà possa avere ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale del bambino, altri affermano che non ci sono prove certe che ciò possa avvenire.
Secondo la dottoressa Margherita Spagnuolo Lobb, psicoterapeuta e direttore dell’Istituto di Gestalt Hcc Italy, “non solo non ci sono prove certe del fatto che crescere in una famiglia gay possa avere ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale del bambino, ma al contrario ci sono ricerche che provano che i bimbi cresciuti in un contesto di omogenitorialità sono sanissimi e forse più socievoli e bene adattati di altri. Dobbiamo sempre riportare ciò che osserviamo al contesto in cui viviamo – dice l’esperta -. Una realtà che presa in se stessa ci sembra assurda (un decennio fa non avremmo mai immaginato che una coppia di omosessuali potesse concepire, anche se con pratiche eterologhe, figli propri), considerata nel contesto a cui appartiene può apparirci normale. Oggi è tutta l’antropologia dell’umano che sta cambiando. L’identità di genere, così come molti altri valori una volta sicuri, non è più scontata. I conflitti all’interno delle famiglie sono molto frequenti, così come la violenza, che a volte si genera proprio da una mancanza di sensibilità corporea, e da una rabbia folle, che non vede l’altro. Davanti a questo cambiamento delle relazioni intime e sociali, tutte le forme di amore e di rispetto per l’altro assumono un valore salvifico. Ciò che conta non è amare il sesso ‘giusto’, ciò che conta è amare l’altro che si riesce ad amare”.
Che cosa cambia a livello psichico tra un bambino che cresce con mamma e papà e uno che cresce con due genitori gay?
“Innanzitutto per un bambino è importante la serenità dell’ambiente in cui cresce. Se i genitori sono gay e si rispettano, si amano, sono aperti alla vita, e rispettano la diversità del bambino, lui coglierà questi valori: si sentirà rispettato e sceglierà liberamente la propria identità. Insomma lo zoppo impara a zoppicare innanzitutto per come si sente trattato. Il bambino che viene umiliato e ferito, comunicherà molto più facilmente umiliando e ferendo l’altro, gli sarà molto più difficile comunicare amando e rispettando l’altro. Oggi occorre ancorarci a questo valore, non al valore di una sessualità ‘normale’ che dovrebbe generare normalità. Nella nostra società nulla è più normale. L’identità di genere è qualcosa che si sente, non qualcosa che si impara. L’omosessualità non dipende dagli influssi ambientali (tranne che per rari casi di abusi subiti nell’infanzia in cui si perde il contatto con il proprio corpo)”.
 
Quali problemi potrebbe avere un bambino cresciuto in una famiglia gay?
“Da un punto di vista intimo, penso gli stessi che avrebbe un bambino ​cresciuto con genitori eterosessuali. I problemi psicologici vengono sempre da un clima familiare che rende difficile al bambino differenziarsi: genitori o troppo invadenti o troppo freddi. Se consideriamo invece il caso di un bambino cresciuto amorevolmente da una coppia omosessuale, mi sembra chiaro che la società gli fa un danno se non riconosce ad uno dei due genitori il diritto/dovere di aiutarlo a crescere nel caso in cui l’altro dovesse mancare”.
 
Perché la società sembra non essere pronta ad accettare la famiglia gay?
“La società stenta a mettersi al passo con l’evoluzione dell’antropologia umana. Così si arrocca su concetti che ormai sono obsoleti: l’amore naturale o contronatura, per esempio. E l’amore di un uomo che violenta brutalmente la propria donna (fatti di cronaca che sono all’ordine del giorno ormai) è più naturale dell’amore rispettoso di una donna verso la compagna? La natura, come la società, non ci protegge più, non è un concetto a cui possiamo fare riferimento. Forse l’amore che trascende i sessi e le situazioni è un concetto a cui oggi possiamo fare riferimento”

UNA MENTE ESTETICA SOMATO-EVOLUTIVA

Ritengo che nel loro lavoro clinico i terapeuti della Gestalt abbiano bisogno di una mente estetica somato-evolutiva, più che di una mappa epige-netica o di uno schema di tappe evolutive.
Per orientare la nostra diagnosi e il nostro intervento, dobbiamo rintracciare nel corpo e nelle parole del paziente l’evoluzione delle sue capacità di contatto e il loro attuale intreccio; per comprendere quanta freschezza e vitalità contengano, non abbiamo bisogno di riferirci a degli stadi maturativi. Il linguaggio terapeutico deve partire dalle “ragioni del corpo” del paziente, per usare le parole di Nietzsche (1883), così come esse si riverberano nel corpo del terapeuta.

Margherita Spagnuolo Lobb

AUGURI AI NUOVI PSICOTERAPEUTI DELLA GESTALT!

Giorno 15 Gennaio 2016 presso la sede di Siracusa e giorno 29 Gennaio 2016 presso la sede di Palermo dell’Istituto hanno discusso la propria tesi di specializzazione i colleghi:
Dott.ssa MARIA RITA COMO Titolo Tesi “Evento nascita: la prospettiva della Pdg nella preparazione al parto” – Relatore: Dott.ssa Isabella Porrovecchio
Dott.GIUSEPPE COSTANZA Titolo Tesi “Achille non aveva solo il tallone. La magia dell’ironia nella Gestalt Therapy” – Relatore: Dott. Salvatore Armando Cammarata
Dott.ssa SIMONA BOTTO Titolo Tesi “Il Sé nel cambiamento incarnato: dalla relazione alla neurofisiologia” – Relatore: Dott. Piero Cavaleri
Dott.ssa MARIA PAOLA CAMPISI Titolo Tesi “Borderline: La forma dell’acqua. Dalla liquidità dei legami alla relazione come contenitore” – Relatore: Dott. Giuseppe Sampognaro
Dott.ssa ANTONELLA RIZZA Titolo Tesi “Il traumatico percorso dei migranti dall’Africa all’Europa. Metodi d’intervento secondo l’approccio gestaltico” – Relatore: Dott.ssa Stefania Pagliazzo
 

Ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt l’augurio di un futuro ricco di soddisfazioni professionali. Che possiate portare nel mondo i valori umani, sociali e scientifici cui la psicoterapia della Gestalt si ispira.

IL CAMPO DI RELAZIONE

Tutti i bambini passano attraverso una sequenza simile di schemi durante il loro sviluppo, ma ciascun bambino li realizza in maniera differente e manifesta l’unicità della sua relazione con l’ambiente che lo accudisce. Un’informazione vitale sulla vita psichica del bambino si rivela nei suoi schemi di movimento.
Gli schemi non sono del bambino, e nemmeno dell’ambiente, bensì del campo di relazione. È all’interno del contesto di queste interazioni che il bambino forma: il respiro, la gestualità, la postura e l’andatura, dando ulteriori informazioni alla relazione.

Ruella Frank