Quaderni di Gestalt n.2022/1

Quaderni di Gestalt
2022/1 – volume XXXV
La dimensione fraterna

Indice del numero

EDITORIALE
La dimensione fraterna e la guerra
di Margherita Spagnuolo Lobb

DIALOGHI
Il senso della morte nei bambini. Psicoterapia della Gestalt ed ematoncologia pediatrica
dialogo tra Momcilo Jankovice Margherita Spagnuolo Lobb

RELAZIONI
Essere fratelli oggi: abitare il rapporto tra pari nella post-modernità.
Riflessioni sullo sfondo sociale e sulle implicazioni terapeutiche
di Alessia Repossi e Elisabetta Conte

L’es in psicoterapia della Gestalt
di Mercurio Albino Macaluso

Incanto: l’alleato segreto della psicoterapia
di Erving Polster

RICERCHE
Attivazione corporea ed emotiva nel dolore: un ponte tra le neuroscienze e la terapia della Gestalt per comprendere il desiderio di aiuto del terapeuta
di Margherita Spagnuolo Lobb, Federica Sciacca, Andrea Roberta Di Rosa e Michela Mazzone

RECENSIONI
Spagnuolo Lobb M., Cavaleri P.A., a cura di (2021). Psicopatologia della situazione. La psicoterapia della Gestalt nei campi clinici delle relazioni umane
di Stefania Benini

Mortola P. (2022). Il metodo Oaklander. La psicoterapia della Gestalt attraverso il gioco
di Silvia Tosi

CONGRESSI
Il sentire corporeo del terapeuta e la ricerca qualitativa. Seminario internazionale online (in attesa di incontrarci nuovamente a Mondello), 4-5 febbraio 2022
di Fabiola Maggio

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Editoriale

La dimensione fraterna e la guerra

Il numero 2022-1 dei Quaderni di Gestalt ha per titolo la dimensione fraterna – un tema a cui da qualche tempo il nostro Istituto sta dedicando le sue riflessioni cliniche, che vedono una prima forma scritta nella sezione Relazioni, con un contributo di Elisabetta Conte e Alessia Repossi. Ma questo tema merita una riflessione speciale in questo editoriale.

La prospettiva del rapporto tra fratelli è sempre orizzontale e ci riporta al senso della parità, del sostegno reciproco, del ritrovare se stesso nel­l’altro e quindi della spinta alla cooperazione e alla continua ricerca di un contatto profondo: idee che in questa epoca sembrano cozzare con una realtà drammaticamente intrisa di individualismo e di prevaricazione sul “diverso da me”, in una visione narcisistica della vita e del rapporto tra le nazioni che, nella nostra visione gestaltica, è sinonimo di annientamento e quindi di patogenesi.

Nel presentare ai lettori questo numero, dunque, non posso che cogliere ed evidenziare l’aggancio con la tremenda attualità, che sembra contraddire il bene prezioso della fratellanza umana. Nella notte del 24 febbraio del 2022 è esploso un conflitto tanto terribile quanto assurdo. La Russia ha invaso l’Ucraina, e da allora sino al momento in cui scrivo queste righe, migliaia di persone, sia militari che civili, sono state uccise o deprivate di tutto: del frutto delle loro fatiche, delle loro passioni e della loro identità. Assistiamo tutti, impotenti, a questa ondata di violenza e non abbiamo parole “giuste” per rispondere alla domanda fondamentale: “Perché?”. Quel che ci lascia ancora più sbigottiti è la consapevolezza che i popoli ucraini e russi sono, per l’appunto, fratelli. Sono uniti da forti legami parentali e culturali, da ideali comuni di libertà e reciproco rispetto, dalla bellezza delle loro città e della loro arte.

Certo, popoli orgogliosi anche della propria unicità e della propria storia, ma animati da un contino desiderio di confronto e di contatto reciproco.

Io stessa ne sono testimone. Insegno da più di 20 anni in Russia e da un decennio in Ucraina. Nei miei corsi ci sono sempre stati studenti sia russi che ucraini. Al di là dell’incrocio assolutamente pacifico tra i due popoli, ho avuto modo di apprezzare la profondità della loro identità culturale.

Il giorno prima dell’invasione avevo condotto un webinarseguito da circa 1.700 psicoterapeuti, organizzato da un istituto ucraino, che aveva suscitato l’interesse di colleghi di lingua russa da tutto il mondo. Era frequente che questo accadesse: seminari internazionali seguiti da colleghi di paesi della ex URSS, accomunati dalla lingua russa. Psicoterapeuti ucraini, georgiani, kazakistani, moldavi, bielorussi, armeni, ma anche colleghi russi emigrati in altre parti del mondo, potevano partecipare grazie alla condivisione di una lingua che, pur non essendo nativa per tutti, li univa.

Ma non era solo la lingua ad unirli, era anche un profondo senso di innamoramento per i valori, veicolati dalle culture occidentali, di rispetto reciproco e libertà di essere creativi.

I colleghi russi, dal giorno dell’invasione, sono attoniti, non riescono a credere che tutto questo sia successo e stia succedendo davvero, e spesso provano vergogna. Prima di partecipare agli incontri internazionali online, chiedono se la comunità scientifica occidentale possa ancora accoglierli, dopo che il loro governo, contro la loro volontà, ha aggredito e violentato una nazione pacifica. La percezione è che anche i russi – per lo meno, coloro che conoscono i fatti – siano traumatizzati da questa scelta militare, che non condividono e che li mortifica.

Dov’è il senso di fratrìa in tutto questo scenario di morte, distruzione e impotenza? Quale contributo può offrire la psicoterapia della Gestalt per alleviare il dolore di chi è aggredito, il senso di colpa di chi è incapace di ribellarsi, l’angoscia di un mondo che vede sgretolarsi i valori sacri dell’autodeterminazione dei popoli nel rispetto reciproco della libertà?

Nel già citato articolo di Conte e Repossi, “Essere fratelli oggi: abitare il rapporto tra pari nella post-modernità. Riflessioni sullo sfondo sociale e sulle implicazioni terapeutiche”, il tema del fraterno, analizzato con la profondità sociale che merita – pur nei limiti imposti da un articolo – apre un orizzonte nuovo per i modelli psicoterapici, una prospettiva orizzontale di sostegno reciproco, unica possibile in un mondo in cui il verticale è in crisi. L’articolo espone anche alcuni strumenti clinici di sostegno orizzontale che sono già in fase di sperimentazione nel nostro Istituto.

Tutti gli altri articoli pubblicati in questo numero, anche se non specificamente focalizzati sul tema del fraterno, ci aiutano a collocarci come psicoterapeuti in questa nuova dimensione.

Nella sezione Dialoghi, Momcilo Jankovic e la sottoscritta, in “Il senso della morte nei bambini. Psicoterapia della Gestalt ed ematoncologia pediatrica”, intrecciano un vivace scambio tra l’umanità di un medico e la lettura gestaltica del vissuto della morte nei bambini. Le parole di Momcilo ci fanno entrare nel vivo dell’esperienza della malattia e della morte dei bambini leucemici. Ciò che emerge è l’apertura (mentale ed emotiva) che queste esperienze richiedono: da una parte la generosità e la fede che ci portano a vedere la saggezza, dall’altra l’autoregolazione, che ci insegna il senso profondo della vita. Solo chi apre il proprio cuore a tanta sofferenza può dare senso alla morte dei bambini.

Nella sezione Relazioni, Albino Macaluso, fa un’analisi dell’“Es in psicoterapia della Gestalt”, in cui i concetti di fisiologia primaria e secondaria richiamano le definizioni di memoria traumatica delle neuroscienze. La funzione-es è un’esperienza non strutturata della funzione-sé, opposta alla deliberazione della funzione-io; da essa nasce la creatività e ogni possibilità di integrazione. L’autore continua descrivendo la Conoscenza Relazionale Estetica, un costrutto validato per descrivere l’intuito del terapeuta, come l’espressone dell’es della situazione per il terapeuta. Infine, definisce l’es come il concetto gestaltico che consente di integrare la concentrazione con la dimensione spirituale, risolvendo il gap tra esperienza profonda e sintomo del paziente, creato dal modello medico.

Nella stessa sezione, pubblichiamo con piacere e commozione la traduzione di un capitolo del più recente libro di Erving Polster, Enchantment and Gestalt Therapy. Partners in Exploring Life[1], nell’attesa di leggere presto la traduzione italiana di tutto il libro. L’articolo “Incanto: l’alleato segreto della psicoterapia”, tradotto da Giuseppe Sampognaro, è stato pubblicato nella rivista Gestalt Review.Erving Polster, mio maestro da quando, all’età di 23 anni, sono andata in California a formarmi con lui e la moglie Miriam, ha compiuto 100 anni lo scorso aprile. La sua lucidità mentale e il suo spirito brillante sono ancora intatti, ed è incoraggiante farne esperienza nei vari convegni e insegnamenti internazionali in cui ci incontriamo.

Nella sezione Ricerche, pubblichiamo la traduzione di un articolo apparso nella rivista scientifica Psychology, che riporta i risultati di una ricerca sull’attivazione emotivo-corporea e il desiderio di aiutare l’altro. Ideata dalla sottoscritta durante uno scambio con il professore Vittorio Gallese e la prof.ssa Alessandra Umiltà a Parma, la ricerca è stata poi portata a termine con la collaborazione di Federica Sciacca, Andrea Di Rosa e Michela Mazzone. Questo studio ha analizzato e confermato l’ipotesi che maggiore è l’attiva­zione emotivo corporea, maggiore è la capacità di contenere il dolore, maggiore è il desiderio di aiutare. Questo dato è in linea con alcune recenti riflessioni filosofiche sull’etica della cura sviluppata da autori come Gilligan e Noddings, e sull’atteggiamento di cura negli umani. Lo studio apre molte piste, sia di tipo clinico (cosa sostenere nei pazienti) che di tipo formativo (che tipo di competenze occorre sostenere negli allievi delle scuole di specializzazione) e sociale (come favorire nei giovani l’emergere di sentimenti di cura).

Nella sezione Recensioni, Stefania Benini presenta il recente libro curato da Spagnuolo Lobb e Cavaleri (2021), Psicopatologia della situazione. La psicoterapia della Gestalt nei campi clinici delle relazioni umane (FrancoAngeli), che raccoglie gli studi dell’Istituto su un nuovo concetto di psicopatologia, legato ai campi esperienziali più che ai singoli in­dividui, mettendo bene in evidenza la tradizionale considerazione del­l’Isti­tuto dei fenomeni sociali e degli sviluppi del sentire sociale.

Silvia Tosi recensisce il libro di Mortola (2022), Il metodo Oaklander. La psicoterapia della Gestalt attraverso il gioco (FrancoAngeli), una presentazione sistematica del lavoro clinico e formativo della collega californiana, VioletOaklander, grande maestra di psicoterapia infantile, di cui abbiamo commemorato la scomparsa nel numero 2021-2 dei Quaderni di Gestalt.

Nella sezione congressi, Fabiola Maggio ci racconta l’ultimo convegno organizzato, il 4-5 febbraio 2022, dall’Istituto di Gestalt HCC Italy: “Il sentire corporeo del terapeuta e la ricerca qualitativa”, rendendo bene l’alter­nanza tra focalizzazione sul corpo e esperienze di ricerca condotte da colleghi psicoterapeuti della Gestalt nel mondo. Come in un laboratorio aperto, nel convegno non si è solo parlato di ricerca, ma si è soprattutto cercato di mettere in pratica la prima ricerca importante per un clinico: la ricerca di sé-in-contatto.

Mi auguro che questi contributi – frutto di riflessioni degli autori e di una cura profonda verso le relazioni umane – ci aiutino a rispondere alla domanda: Qual è il nostro contributo adesso a questo mondo?

Con la pandemia abbiamo imparato che un contributo importante è rispettare l’ambiente, gestire i rifiuti e i veleni che immettiamo nell’aria, nel mare e nella terra. È ancora difficile capirlo.

Adesso quale strada daremo alla nostra vita per curare i traumi che questa assurda guerra sta creando? Anche e soprattutto in questa crisi geopolitica, sentirci fratelli riscoprendo i valori comuni e mantenendo il costante confronto di chi si rispecchia nell’altro rappresenta l’unica risposta possibile, capace di riportare la pace tra gli esseri umani e nel cuore di ciascun individuo.

Sarà importante curare luoghi di incontro che attraverso il dialogo arrivino a consapevolezze nuove, sarà importante non dissociarci, non dimenticare, non sentirci da un’altra parte del mondo, sarà importante rimanere profondamente parte di questa umanità.

Margherita Spagnuolo Lobb

Maggio 2022

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