Sé.
Una polifonia di psicoterapeuti della Gestalt contemporanei
Jean Marie Robine (a cura di)
Presentazione di Margherita Spagnuolo Lobb
Quarta di copertina
Gli autori di questo libro sono i principali teorici contemporanei della psicoterapia della Gestalt che, quasi settanta anni dopo la nascita della psicoterapia della Gestalt, spiegano come intendono e utilizzano il concetto di “sé”.
La diversità delle loro prospettive, il loro tornare alle fonti (come la psicoanalisi o il pragmatismo) per aprire nuove prospettive, l’estendere lo sguardo per includere aspetti di discipline simili (come la fenomenologia, la teoria delle relazioni oggettuali, le neuroscienze, la spiritualità e l’estetica) ci avvicinano allo spirito dei fondatori di questo approccio, che speravano che ognuno avrebbe offerto uno sguardo nuovo, lontano da ogni idea di ortodossia o da un approccio univoco.
Senza dubbio, questo libro, che ha arricchito lo sfondo comune degli psicoterapeuti della Gestalt, contribuendo ad una condivisione internazionale, sosterrà lo sviluppo della psicoterapia della Gestalt in Italia.
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Contenuti
Introduzione per i lettori italiani
di Margherita Spagnuolo Lobb
Introduzione
di Jean-Marie Robine
1. “Come il fiume interminabile che passa e resta”. La teoria del sé nella psicoterapia della Gestalt, di Carmen Vázquez Bandín
2. “Because the world is round it turns me on”. Il sé come interfaccia forma-contenuto nella pratica clinica contemporanea, di Claudia Baptista Távora
3. La funzione relazionale del sé. Il funzionamento del sé sul piano più umano, di Dan Bloom
4. Una popolazione di sé, di Erving Polster
5. Il sé come processo situato, di Frank M. Staemmler
6. Il sé in psicoterapia della Gestalt. Risposta a Tobin, di Gary Yontef
7. Il sé della situazione, di Georges Wollants
8. “Tu piangi e io sento dolore”. Il sé emergente e co-creato come fondamento dell’antropologia, della psicopatologia e della cura in Gestalt Therapy, di Gianni Francesetti
9. Il sé nella psicoterapia della Gestalt delle relazioni oggettuali, di Gilles Delisle e Line Girard
10. Il futuro del sé. Riflessioni sul contatto, lo sviluppo e i “sotto-sistemi del sé” in Paul Goodman, di Gordon Wheeler
11. Il sé, artista del contatto, di Jean-Marie Robine
12. Sé: dal pragmatismo americano alla psicoterapia della Gestalt, di Kenneth Meyer
13. Significatività, direzionalità e senso del sé, di Lynne Jacobs
14. Il sé come contatto, il contatto come sé. Un contributo all’esperienza dello sfondo secondo la teoria del sé della psicoterapia della Gestalt, di Margherita Spagnuolo Lobb
15. Il sé e altri errori. Una meditazione sulla riflessività e oltre, di Michael Vincent Miller
16. L’Es della situazione come sfondo comune dell’esperienza, di Mônica Botelho Alvim
17. Il sé e l’altro, di Peter Philippson
18. Tocco di un altro tipo: il contatto con Dio e il sé spirituale, di Philip Brownell
19. Il sé in movimento, di Ruella Frank
Autori
Carmen VAZQUEZ, Claudia BAPTISTA TÀVORA, Dan BLOOM, Erving POLSTER, Frank M.STAEMMLER, Gary YONTEF, Georges WOLLANTS, Gianni FRANCESETTI, Gilles DELISLE & Line GIRARD, Gordon WHEELER, Jean-Marie ROBINE, Kenneth MEYER, Lynne JACOBS, Margherita SPAGNUOLO LOBB, Michael Vincent MILLER, Mônica BOTELHO ALVIM, Peter PHILIPPSON, Philip BROWNELL, Ruella FRANK
Jean-Marie ROBINE, Psicologo clinico, psicoterapeuta della Gestalt dal 1977 e formatore internazionale. Ex direttore dell’Institut Français de Gestalt-thérapie (1980-2007), co-fondatore e past-president dell’EAGT, membro effettivo del CollègeEuropéen de Gestalt-thérapie e del NYIGT, fondatore e redattore di due riviste francesi di Gestalt, autore di numerosi articoli e di 8 libri sulla terapia della Gestalt. Il suo libro On the Occasion of an Other è stato tradotto in sette lingue, e il suo ultimo Social change begins with two è stato recentemente pubblicato nel Gestalt Therapy Book Series dell’Istituto di Gestalt HCC ItalyPubl.Co. (www,gestaltitaly.com)
Introduzione per i lettori italiani
di Margherita Spagnuolo Lobb
La teoria del sé è il cuore di ogni approccio psicoterapico. Quella della
psicoterapia della Gestalt è definita in Gestalt Therapy, il libro pubblicato
nel 1951 da Frederick Perls, Ralph Hefferline e Paul Goodman, con cui
l’approccio è stato fondato. Eppure non tutte le scuole di psicoterapia della
Gestalt usano il termine “sé” – né si riferiscono al quel testo. Jean-Marie
Robine, nella sua introduzione, spiega una possibile ragione della scelta
operata da questi istituti: la traduzione in alcune lingue del termine self con
il termine “ego” ha portato ad affermare che Perls non aveva mai usato il
termine self, e ha fatto presumere una scissione tra la teoria di Goodman e
la teoria di Perls.
Dopo avere curato l’edizione italiana di importanti testi della psicoterapia
della Gestalt (tra cui lo stesso Gestalt Therapy, nella sua versione del
1997), ho piacere di rendere fruibile ai lettori italiani questa opera polifonica
curata dal collega francese, allo scopo di vivificare il concetto fondamentale
del sé, settant’anni dopo la pubblicazione di Gestalt Therapy.
Ricordo bene la richiesta che Jean-Marie, quattro anni fa, rivolse a me
in qualità di autrice: scrivi come tu pensi la teoria del sé e come la spieghi
ai tuoi allievi. Mi chiedeva di illustrare come il pensiero originario sia stato
sviluppato e applicato nella mia pratica clinica e didattica. Dalle risposte a
tale quesito, rivolto a me e ad altri diciotto colleghi, nasce il libro.
Diciannove didatti e ricercatori abbiamo dunque fatto del nostro
meglio per illustrare sinteticamente il modo in cui consideriamo il nucleo
della psicoterapia della Gestalt e la novità che ciascuno ha apportato nel
campo della teoria del sé. Nel rispondere alla richiesta di Jean-Marie, non ci siamo limitati a riproporre lavori pubblicati in precedenza. Al contrario,
ci siamo impegnati per formulare, elaborare e offrire una struttura chiara, e
con elementi di novità, al nostro pensiero sul sé. Ne è venuto fuori un testo
comprensivo, unico e prezioso sia per i clinici che per i formatori.
Noi autori, scelti da Robine per comporre questo mosaico centrato sulla
teoria del sé siamo studiosi che per decenni abbiamo dialogato, e ci siamo
confrontati, sui concetti fondamentali del nostro approccio, che si è sviluppato
anche grazie al nostro lavoro. Qui abbiamo dato voce alla nostra esperienza
del testo fondamentale, a come questo sia diventato lo sfondo sicuro
del nostro lavoro clinico e dell’insegnamento.
Possiamo dunque affermare che, grazie a questo libro, si è rotto l’incantesimo
dell’implicito impegno originario – condiviso dagli stessi membri
dell’Istituto di New York – di non pubblicare altri testi che avessero
l’obiettivo di chiarificare e sviluppare il testo fondante. Il timore era che
altri scritti successivi potessero vanificare gli sforzi dei fondatori (ben riusciti
in verità) di produrre con Gestalt Therapy una formulazione teorica non
introiettabile: una teoria capace di generare nei lettori idee e creatività,
piuttosto che una chiara struttura teorica che avrebbe semplificato e quindi
devitalizzato le relazioni umane, imponendo una “verità”. C’era, in questa
determinazione, una fede nel potere creativo di ognuno e una opposizione
umanistica ed egualitaria a qualsiasi potere imposto dalle istituzioni, comprese
quelle teoriche. La critica era al pensiero dicotomico della cultura
occidentale e alla rigidità percepita nel metodo psicoanalitico.
Così, Gestalt Therapy – dopo la sua pubblicazione nel 1951 – rimase a
lungo ignorato o “ibernato”, per ragioni diverse. Coloro che in California
conobbero l’ultimo Perls e il suo stile didattico provocatoriamente ateoretico
consideravano il libro lontano dagli slogan e dall’umanità di Fritz, così
come appariva negli ultimi anni della sua vita. L’Istituto di New York, in
cui il libro era nato, rimase attaccato in modo quasi sacrale a quel testo, e
(pur utilizzandolo come strumento didattico esclusivo) non produsse altri
scritti fino agli anni ’90, per timore appunto che eventuali spiegazioni – di
ciò che era stato mirabilmente espresso in uno stile non introiettabile –
potessero stimolare modalità non gestaltiche nei lettori e nei terapeuti della
Gestalt.
Ma, come Jean-Marie descrive nella sua introduzione, questo vuoto teorico
negli anni aveva generato confusione, non solo creatività! Da una parte
aveva fatto sì che molti lo riempissero con altre teorie, spesso poco coerenti;
dall’altra, non aveva consentito una evoluzione dei principi epistemologici.
Oggi questo libro sul sé fornisce una polifonia di sviluppi ermeneutici
dei concetti fondamentali, fino a dare maggiore consistenza anche a quegli
aspetti del volume teorico originario rimasti controversi, per la frettolosità
con cui, tra l’altro, allora dovette essere consegnato alla stampa.
La traduzione italiana è stato un lungo e attento processo durato due anni!
Ha incluso il lavoro di molti psicoterapeuti della Gestalt che si sono
impegnati per tradurre i vari capitoli, ampliando i loro orizzonti. In un primo
round, i capitoli sono stati tradotti da terapeuti che frequentano i miei
corsi di supervisione e da allievi che frequentano la Scuola di Specializzazione.
È stato energizzante, sia vederli così coinvolti e segnati dal confronto
con il pensiero e la pratica degli autori, sia dialogare con loro per aiutarli
a contestualizzare quei contributi provenienti dall’ambiente gestaltico internazionale.
Li ringrazio e sono contenta che abbiano avuto il coraggio di
entrare in un territorio per loro nuovo. In un secondo round, le traduzioni
sono state riviste (in alcuni casi riscritte) da Stefania Benini, Claudia Angelini,
Serena Iacono Isidoro e da me. Per uniformare e rendere più chiara la
lettura, abbiamo aggiunto la numerazione dei paragrafi in alcuni capitoli.
Un terzo round è stato poi il lavoro editoriale sui capitoli: Carlotta Datta ha
impaginato e, aiutata da Serena Iacono Isidoro, ha verificato le voci bibliografiche e le citazioni.
Per me, che ho a volte tradotto, a volte editato, a volte posto domande
agli autori, sempre coordinato tutto, e riletto i vari capitoli finalmente nella
mia lingua, è stato una sorta di parto laborioso. E confesso che, come può
accadere quando si partorisce, ad un certo punto avrei voluto fuggire via da
questo travaglio. Ma adesso ne guardo il risultato con orgoglio e con la
gioia di potere finalmente offrire questo libro ai colleghi italiani e agli allievi
delle scuole di psicoterapia. Presentare in Italia questo lavoro polifonico
sul sé – e avere contribuito alla sua realizzazione a fianco di autori e
didatti di fama internazionale, miei colleghi e amici di lunga data mi fa
sentire una grande responsabilità e allo stesso tempo mi rende felice.
Come ha voluto il suo curatore, questo libro è una polifonia: la voce di
ciascun autore – espressione originalissima di adattamenti creativi nell’ambito
del lavoro clinico e scientifico, frutto dell’elaborazione personale del
proprio sé e di amore per la psicoterapia della Gestalt – si intreccia con
contrasti e assonanze, ma sempre armonicamente, con quella degli altri.
Ringrazio Jean-Marie Robine per avere coordinato questo lavoro con
grande rispetto, fiducia nella competenza creativa di ciascuno di noi e senso
dei confini, e per averci donato un testo così importante per lo sviluppo del
nostro modello.
Sono certa che la psicoterapia della Gestalt italiana beneficerà grandemente
delle competenze offerte da questo libro.