La seconda giornata del convegno si articola in maniera dinamica, dopo i saluti in apertura di Fulvio Giardina, presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi, con approfondimenti clinici forniti dai relatori.
Michela Gecele, chair della giornata, introduce il lavoro di Piero Coppo, che presenta la prima relazione su “la clinica degli attaccamenti”. Portando esperienze e ricerche, collega la formazione degli operatori al contesto culturale e politico in cui siamo inseriti. Termina con una toccante narrazione di un caso clinico: una declinazione esemplare dell’approccio etnopsichiatrico all’interno della stanza di terapia, che diviene luogo di integrazione tra dimensioni personale, neurofisiologico e culturale.
Margherita Spagnuolo Lobb presenta il suo attualissimo lavoro sui “foreign fighters”, fenomeno di “migrazione al contrario” dei giovani occidentali che si arruolano come guerrieri o martiri del mondo islamico. Presentando una panoramica sull’evoluzione del sentire sociale e sui suoi risvolti nel lavoro terapeutico, propone al pubblico un’emozionante esperienza di connessione tra sentire corporeo e senso di radicamento nella relazione. Esplicita infine la necessità sociale di riconoscere la bellezza celata nella goffaggine degli adolescenti di oggi.
Santo Di Nuovo, con l’atteggiamento brioso che lo caratterizza, mette in evidenza la scottante questione dell’accoglienza del diverso nelle dinamiche identitarie, sottolineando che siamo ancora in tempo per favorire un cambiamento culturale nella psiche dei giovani di oggi.
Daniele La Barbera espone la sua interessante relazione su come fare psicoterapia nella nostra epoca post-moderna, digitalizzata, che ha portato a ciò che Lyotard definisce il collasso della narrazione. Oggi, infatti emergono una serie di “normopatie” in tutte le fasce d’età, legate ad una dipendenza dal virtuale, che svela la condizione di solitudine che le persone vivono.
Antonio Roberto Cascio collega il tema delle emergenze alla teoria della psicoterapia della Gestalt, riprendendo testualmente l’opera di Goodman. Nella nostra società, afferma, occorre ridefinire il concetto di sicurezza poiché esistono eventi storico-cosmici che interferiscono con questa dimensione utopica che si è sviluppata nella classe medio borghese, come dice Baumann. Ecco che allora educarci al rischio ed alla sconfitta come terapeuti significa tenere viva la fiducia nella relazione, nonostante il fallimento delle precedenti, da parte di chi si rivolge a noi.
Laura Deotti, coordinatrice del Team MEDU (medici per i diritti umani), espone la sua toccante testimonianza nell’accoglienza ai migranti, dando voce alle loro emozioni e al loro vissuto di terrore.
Il convegno si conclude con una tavola rotonda dei relatori, coordinata da Margherita Spagnuolo Lobb, che chiede a loro e al pubblico: come ci sentiamo trasformati da questo convegno? Al senso di impotenza, angoscia, rabbia suscitato dalle condizioni disumane di questo esodo dalle popolazioni africane, fa eco la certezza di un valore fondamentale che sta emergendo nella nostra società: la consapevolezza del nostro limite umano e politico e della fragilità del sentire sociale dell’occidente. Stiamo vivendo un’occasione di ristrutturazione delle nostre percezioni, in cui le culture altre sostengono nuove possibilità più che rappresentare una minaccia. Guardare lo straniero con un senso di apertura al nuovo significa superare la società narcisistica, ormai obsoleta. Silvia Alaimo, allieva-didatta 1°anno, Siracusa