-Alessandro Vizzi.
Recentemente in ambito neuroscientifico si è mostrato un notevole interesse nei riguardi dell’empatia, soprattutto in seguito alla scoperta nel cervello umano del sistema dei neuroni specchio (Rizzolatti, Craighero, 2004), (Rizzolatti, Sinigaglia, 2006). La scoperta di questa particolare classe di neuroni ha suggerito, infatti, che l’empatia si caratterizza come “una spinta biologica” alla comprensione sia del mondo degli oggetti (incluse le opere d’arte), sia di quello dell’“altro”, intendendola nell’accezione ampia di un legame immediato e interpersonale.
In particolare è stato osservato come una classe di questi neuroni, detti “canonici”, risponde all’osservazione di oggetti le cui caratteristiche fisiche sono correlate con il tipo di azione codificato da quegli stessi neuroni, e che quindi verrebbero analizzati da parte del soggetto in termini di azioni potenziali: vedere un oggetto significherebbe evocare automaticamente l’azione che si compirebbe con esso.
I processi sensoriali, dunque, costituirebbero non solo il presupposto dell’azione, ma anche parte dell’azione stessa: la visione non sarebbe un processo puramente disinteressato, o addirittura “passivo” rispetto all’azione, ma finalizzato a una possibile interazione con il mondo, rispondendo selettivamente a specifici stimoli tridimensionali.
Il significato funzionale di tali risposte appare chiaro se riconsideriamo la nozione di affordance introdotta da James J. Gibson (1999) con la teoria ecologica della visione, secondo cui la percezione visiva di un oggetto comporterebbe l’immediata e automatica selezione delle proprietà intrinseche che ci consentono di interagire con esso.
L’autore afferma, infatti, che le informazioni sono già presenti nell’assetto ottico, nella stimolazione come si presenta direttamente al soggetto; e da questi possono essere colte direttamente, senza dover ricorrere a sistemi computazionali, a flussi di informazioni o a strutture rappresentazionali.
Le informazioni hanno senso per l’organismo che le coglie direttamente in quanto affordances presentate dall’ambiente in relazione al valore evolutivo che hanno per l’organismo stesso.
Vi sarebbe dunque congruenza fra la selettività delle risposte motorie (tipo di presa) e quella delle risposte visive (tipo di forma, taglia e orientamento dell’oggetto).
Percezione e azione sarebbero dunque processi interconnessi che non possono prescindere dal corpo, inteso sia come strumento organico-biologico (Körper), sia come luogo in cui tali fenomeni sono vissuti dall’individuo (Leib).
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Tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXIV, 2011-2, Psicoterapia della Gestalt e Neuroscienze
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli
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