– Mercurio Albino Macaluso
Secondo gli autori di Teoria e pratica della terapia della Gestalt, il sogno è un atto creativo del sé, in cui le situazioni incompiute che tendono alla chiusura si manifestano attraverso il linguaggio pre-verbale delle immagini. Il sogno costituisce una risorsa essenziale per la terapia, in quanto via d’accesso privilegiata alla comprensione delle modalità di contatto della persona e strumento potente per favorire una migliore integrazione dell’esperienza. Oltre ai classici metodi elaborati da Frederick Perls e da Isadore From, vi è un’ulteriore modalità gestaltica di lavoro sui sogni, basata sulla tecnica della concentrazione, che troviamo menzionata nei testi fondanti della psicoterapia della Gestalt. L’articolo propone una rivalutazione di tale modalità, stranamente caduta nell’oblio.
Per la psicoterapia della Gestalt, come per la maggior parte degli approcci psicoterapeutici, il sogno racchiude un notevole potenziale di trasformazione personale e il lavoro fatto a partire dal materiale onirico può essere uno strumento terapeutico potente. L’approccio gestaltico fa ricorso direttamente all’esperienza, invece di mirare all’interpretazione dei contenuti inconsci della psiche. Il lavoro gestaltico sui sogni, pertanto, tende a utilizzare il sogno stesso come mezzo per fare un’esperienza modificatrice. In tal modo il sogno diventa un catalizzatore del processo terapeutico, che ha come fine il funzionamento integrato della personalità.
I metodi gestaltici classici di lavoro sui sogni sono fondamentalmente quello di Frederick Perls e quello di Isadore From. Secondo Perls (1968), ogni elemento del sogno è una proiezione di parti scisse del sognatore. Compito del terapeuta, è favorire la reintegrazione delle parti proiettate del sé del paziente, facendo identificare quest’ultimo con i vari elementi del sogno. In aggiunta al metodo di Perls, From (Rosenfeld, 1978) propose di considerare il sogno come una forma di retroflessione, cioè un ripetere a se stesso qualcosa che il paziente ha evitato di esprimere nell’incontro con il terapeuta. Il ricordare e il raccontare il sogno in terapia, indicano il tentativo di risolvere questa retroflessione. Nella prospettiva di From il sogno, dunque, è visto in chiave relazionale e diventa uno strumento importante per portare alla luce i disturbi del confine di contatto nella relazione tra paziente e terapeuta.
In questo breve lavoro, mi propongo di dimostrare che, oltre a queste modalità tradizionali, vi è un’ulteriore modalità gestaltica di lavoro sui sogni, indicata nei due testi fondanti della psicoterapia della Gestalt, ma poi stranamente caduta nell’oblio. In Ego, Hunger and Aggression (Perls, 1942), è descritta, in maniera succinta, ma chiara, una modalità di lavoro sui sogni che utilizza la tecnica della concentrazione. E anche in Teoria e pratica della terapia della Gestalt (Perls et al., 1951), ritroviamo un cenno fugace, ma significativo, alla possibilità di utilizzare la concentrazione nel lavoro sui sogni.
Dopo un primo periodo, tra gli anni Quaranta e Cinquanta, in cui Perls e la moglie Laura nei gruppi da loro condotti a New York lavorarono sui sogni attraverso la concentrazione, come risulta dalla testimonianza di Richard Kitzler, che riporto più avanti, nella pratica clinica gestaltica questa modalità di approccio al materiale onirico venne accantonata e finì per essere dimenticata. (…)
L’articolo affronta i seguenti temi:
1. Il sogno e il lavoro sui sogni in Teoria e pratica della terapia della Gestalt
2. Una modalità di lavoro sui sogni attraverso la concentrazione
(…)
Articolo tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXIV, 2011 – 1, Concentrazione, emergenza e trauma
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt, edita da FrancoAngeli, pag. 13.
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