– Paolo Migone intervistato da Barbara Crescimanno
Barbara Crescimanno: La società post-moderna, con il suo approccio “globalizzante” e l’avvento delle nuove tecnologie, ha prodotto cambiamenti di notevole proporzione in tutti i campi dell’esperienza umana. Tale cambiamento diventa ancora più evidente in tutto l’ambito della relazione umana in generale e della relazione sessuale e “intima” in particolare, per cui il concetto stesso di intimità sembra perdere la sua indispensabile connotazione originaria legata al corpo e al sentire. Tutto questo conduce a modi nuovi di vivere e agire la sessualità. Come per altri modelli di cura, a suo parere, ciò comporta anche per la psicoanalisi una rilettura della teoria pulsionale delle emozioni e una conseguente rivisitazione della prassi clinica?
Paolo Migone: L’avvento di internet ha provocato, tra le altre cose, una disponibilità immediata di immagini e video a contenuto sessuale virtualmente per tutti (basta infatti avere un cellulare collegato a internet). È possibile che questa esposizione sempre più precoce a stimolazioni sessuali provochi grosse modificazioni nel modo con cui viene vissuta la sessualità in soggetti giovani che hanno raggiunto una maturità sessuale senza però aver ancora raggiunto una maturità affettiva (penso soprattutto ai maschi, che emotivamente maturano più tardi delle femmine).
Mi è capitato di leggere su un quotidiano una inchiesta sulla sessualità nei giovani teenagers che mi ha lasciato sconcertato, nel senso che per me, e per chi frequentavo quando avevo la stessa età, vi era una esperienza molto diversa. Adesso la “maturazione” sessuale è molto più precoce, ma forzatamente precoce, e vi possono essere squilibri. Sembra che oggi i ragazzi “giochino” con la sessualità così come noi giocavamo con le figurine, per così dire. È molto probabile che questo conduca a un modo molto diverso di vivere l’affettività, ma preferisco non sbilanciarmi in considerazioni a un alto livello di astrazione, dato che non sono un sociologo o un filosofo. Sono solo un terapeuta, un “tecnico”, e il mio angolo di visuale è ristretto. Non vorrei assomigliare a quei colleghi che fanno i tuttologi in televisione, rischiando a volte di dire banalità, cose che qualunque persona di buon senso potrebbe dire.
Mi sembra più facile invece rispondere alla domanda sul ruolo della pulsione sessuale nella psicoanalisi contemporanea. Tanto è stato scritto su questo. Il modo con cui è vissuta la sessualità è cambiato, non siamo più ai tempi della Vienna di Freud quando la sessualità veniva repressa e le donne erano in una condizione di oggettiva inferiorità e oppressione. Questi fattori, come è noto, hanno avuto una profonda influenza sulla teoria freudiana che, ad esempio, concepiva un conflitto ineliminabile tra le pulsioni e la società (tra “eros e civiltà”, per parafrasare un famoso libro di Marcuse). L’isteria classica, che allora era epidemica e che oggi non a caso è scomparsa, era vista come una malattia femminile, quasi un grido di ribellione o di sofferenza a causa della repressione sessuale (mi viene in mente che Freud fece anche l’ipotesi che l’arco isterico, cioè l’attacco simil-epilettico delle crisi isteriche classiche, potesse essere una simulazione dell’orgasmo che le donne non riuscivano quasi mai a raggiungere a causa di uomini insensibili ed egocentrici, o che praticavano rego- larmente il coitus interruptus come metodo anticoncezionale).
Oggi la sessualità è più libera, e per questo quella parte della teoria freudiana che aveva fatto leva sul concetto di repressione sessuale come fonte di conflitto non è più sostenibile come lo era allora. Non a caso, ad esempio, sono i conflitti attorno all’attaccamento, alle relazioni affettive, alla identità, al significato dell’esistenza, quelli che sono in primo piano. Ma queste trasformazioni sono avvenute molti anni fa, ben prima dell’avvento delle cosiddette “nuove tecnologie” (si pensi solo al fenomeno della Psicologia del Sé di Kohut, iniziato a cavallo degli anni 1970, che appunto rappresentò anche una “reazione di massa” contro una concezione freudiana della sessualità che molti avvertivano come superata).
Barbara Crescimanno: Fin dalle origini del pensiero psicoanalitico e in tutta la sua evoluzione successiva, la riedizione ed elaborazione dei vissuti sessuali nel setting psicoterapeutico, attraverso i concetti di transfert e controtransfert, sono stati temi centrali e strutturanti della teoria e della prassi clinica. Dalla psicoanalisi classica alla psicoanalisi interpersonale più recente, attraverso le diverse correnti, in che modo è cambiato, se è cambiato, l’intervento clinico rispetto all’elaborazione dei vissuti sessuali nel setting? Qual è il suo approccio a riguardo?
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Articolo tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014-1, I vissuti sessuali in psicoterapia
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli