psicoterapeuti

Congratulazioni ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt!

Auguri ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt che il 15 Giugno presso la sede di Palermo dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, completando il loro percorso formativo!

Con orgoglio vi consegnamo al mondo e vi auguriamo un percorso professionale degno della vostra sensibilità ed umanità.

CEREDA ALESSANDRO Titolo Tesi “La fototerapia in pdg: il ruolo delle immagini nel sostegno e nel qui ed ora delle relazioni terapeuticheRelatore: Dott. Michele Cannavò

GIGANTE FRANCESCO Titolo Tesi “Dalla Teoria alla Pratica Clinica. Un’ esperienza in una comunità residenziale per tossicodipendenti” – Relatore: Dott.ssa Teresa Borino

ITALIANO ROBERTA  Titolo Tesi “L’esperienza dell’attesa nei padri: una lettura gestaltica” – Relatore: Dott.ssa Susanna Marotta

LA PIETRA FEDERICA Titolo Tesi “Radici e Germogli. La PdG e il trauma trans generazionale” – Relatore: Dott.ssa Barbara Crescimanno

LO PORTO ORNELLA Titolo Tesi “Adattamento creativo e tumore al seno: imparare a prendersi cura di sè attraverso la malattiaRelatore: Dott.ssa Marilena Senatore

MIGLIORE CARLA Titolo Tesi “Neuroscienze e setting clinico in PdG: possibili integrazioni” – Relatore: Dott. Giancarlo Pintus

SANNA MARGHERITA Titolo Tesi “L’esperienza del silenzio in psicoterapia della Gestalt: dalla concentrazione alla creatività nella relazione” – Relatore: Dott.ssa Marilena Senatore

SORCE MARIA Titolo Tesi “E-migrare: la vita altrove. Aspetti psicologici e sociali del fenomeno migratorio” – Relatore: Dott. Giuseppe Cannella

VELLA AMELIA Titolo Tesi “Sostegno alla genitorialità in famiglie con figli con disabilitàRelatore: Dott.ssa Donatella Buscemi

“Che possiate sempre portare con voi la vostra casa in volo”!

sè

Le funzioni del sé e la lettura fenomenologica

Michele Lipani e Elisabetta Conte

Il sé, durante l’adolescenza, attraversa una fisiologica riorganizzazione, con importanti modificazioni della funzione es (trasformazioni corporee, percezione e riconoscimento di nuove sensazioni, emergere di nuovi bisogni ancora in via di definizione) e della funzione personalità (nuova definizione di sé e assimilazione dei cambiamenti connessi con il diventare adulti) (Perls et al., 1971).

Si rendono necessari nuovi adattamenti creativi relativi all’esperienza corporea, sfondo sempre presente nel processo di contatto, base sicura su cui poggiano sia il sentimento di esistere e di avere una identità (la pienezza del sentir- si un “io”), che il farsi azione di questa identità attraverso i gesti, le posture, le azioni che portano all’altro (Mione e Conte, 2012).

L’adolescente sembra oggi giungere più fragile di fronte a queste nuove sfide (Conte e Mione, 2013) e avrebbe ancora bisogno di un alto grado di holding, anche se di nuova qualità, da parte delle figure adulte (Levi, 2013). Se priva di sostegno (autosostegno e/o sostegno ambientale), la forte eccitazione tipica di questo tempo della vita si tramuta in ansia e, per non essere sentita, in desensibilizzazione corporea. Dalla funzione es anestetizzata non nasce alcun interesse, non si crea alcuna figura che sostenga l’intenzionalità. Possiamo allora affermare che: «L’esperienza depressiva è una condizione nella quale la dinamica figura/sfondo stenta a mettersi in movimento: lo sfondo è senza energia, non vi sono stimoli, interessi, slanci di intenzionalità (…)» (Francesetti, 2011, p. 83).

Si respira un’aura da «ottundimento dei sensi» (Spagnuolo Lobb, 2011, p. 39) difficile da condividere, come per Luca, sedici anni, che nel tentativo di raccontare come si sente accenna al suo corpo “zavorrato”, al senso di impossibilità di fare le cose «come in certi sogni in cui vuoi correre, scappare, ma non riesci a sollevare le gambe». Quando non trova parole, cita testi di brani musicali che possono avvicinarsi alle sue sensazioni e risvegliarle. Allora si riconosce nei versi di Open, brano dei The Cure, e trascrive:

… Non ce la faccio più, sono diventato così, Quando la vita perde ogni senso
Continuo a muovere la bocca
Continuo a muovere i piedi

Oh mi sento così stanco…
E come la pioggia cade a dirotto Così io mi sento dentro…

Altre volte gli adolescenti sembrano imbrigliati da sensazioni più cupe e fanno riferimento a percezioni visive in cui prevale il buio, il non vedere; le sensazioni tattili/epidermiche esprimono il freddo e il non sentire; spesso il silenzio diventa insostenibile. Francesca, spiegando che non ha voglia di uscire con gli amici, racconta che quando è con gli altri sente di essere «un’ombra insignificante: … se sono da sola, in silenzio posso riuscire a stare tranquilla, ma non sopporto il silenzio del mio mutismo quando sono con gli altri e non riesco a pensare nulla, a dire nulla. Allora molto meglio seppellirmi a casa». Le sensazioni di tipo cinestesico rimandano invece al senso di galleggiamento nel vuoto, al cadere, al sentire il peso e la stanchezza, oppure un senso di disorientamento spesso soffocato.

La funzione personalità, durante l’adolescenza così vivida e fertile nell’assimilare esperienze creative e affamate di novità, nell’impasse depressiva si connota di vissuti di inadeguatezza e di impotenza, come per Gianluca, quindici anni, che fino alle scuole medie era un alunno brillante, ma con l’ingresso nelle scuole superiori non comprende e non tollera il “tonfo” del suo rendimento scolastico. Nonostante il suo impegno, gli sembra che tutti siano più in gamba di lui e i suoi voti sono irrimediabilmente “da bocciato”: «Forse non sono così intelligente come gli altri credono, forse la scuola non fa per me».

L’adolescente che attraversa una fase depressiva si macera nel conflitto insanabile, tra ciò che vorrebbe essere e ciò che riesce ad essere, tra ciò che vorrebbe fare, i suoi sogni, le sue aspettative, e ciò che poi effettivamente fa. Ancora peggio se deve mettere in discussione le aspettative che gli altri hanno nutrito per lui e sostituirle con nuove aspettative più sue. Da ciò scaturisce il sentire la fatica di diventare se stesso, il senso di inadeguatezza e di inibizione, l’impotenza, la paura di non essere “visto”, di non valere abbastanza.

(…)

Tratto dall’articolo “Giovani funamboli:esperienze depressive in adolescenza”
in Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014-2, La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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Gruppi di Training Autogeno Recupera le tue energie, rigenera il corpo e la mente, riduci l'ansia e lo stress Home

Gruppi di Training Autogeno: cosa sono?

E’ necessario chiedersi: Cos’è il Training Autogeno? E’ una tecnica di rilassamento finalizzata a scaricare lo stress, al recupero delle energie psico-fisiche. È indicato:
• per gestire l’ansia
• per potenziare l’attività mentale, l’attenzione, la memoria e la concentrazione
• per migliorare le prestazioni lavorative e sportive
• per favorire il benessere psico-fisico
• per i disturbi psicosomatici: insonnia, ipertensione, cefalea, disturbi digestivi, tachicardia
Nasce il bisogno di offrire strumenti per gestire al meglio tali effetti negativi della quotidianità e per questo il Centro Clinico e di Ricerca in Psicoterapia organizza dei gruppi di Training Autogeno.
Gli incontri prevedono l’apprendimento di una serie di esercizi studiati allo scopo di raggiungere un rilassamento e favorire l’introspezione e la consapevolezza di sé. Il percorso è articolato in 8 incontri di gruppo di un’ora e mezza ciascuno. Il primo incontro di orientamento individuale è gratuito. Durante gli incontri si svolgeranno attività pratiche finalizzate all’apprendimento delle tecniche del Training Autogeno.
I conduttori dei gruppi sono:
Dott.ssa Luana Berlich, Psicologa e Psicoterapeuta della Gestalt e operatore in T.A.
Dott.ssa Perrone Mariacatena, Psicologa e Psicoterapeuta della Gestalt e operatore in T.A.
 

Recupera le tue energie, rigenera il corpo e la mente, riduci l’ansia e lo stress

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disturbi delle relazioni

I disturbi delle relazioni sessuali: l’amore e il desiderio

-Nancy Amendt-Lyon.

La fenomenologia delle difficoltà nelle relazioni sessuali

Avendo scelto di esplorare i problemi delle relazioni sessuali dalla prospettiva della psicoterapia della Gestalt, quando penso alla portata di questo argomento, sento contemporaneamente eccitazione mista a timore. Il campo è vastissimo! So tuttavia di avere scelto un tema che mi sta molto a cuore e questo mi dà sostegno ed energia per affrontare un campo così grande, consapevole che solo una parte può essere affrontata all’interno di questo capitolo. Le difficoltà sessuali comprendono fenomeni che emergono nel momento in cui gli esseri umani si coinvolgono nella relazione con l’altro, all’interno del campo delle esperienze reciproche quando interagiscono e tentano di raggiungere e influenzare l’altro. Secondo la prospettiva gestaltica della teoria del campo, le difficoltà sessuali sono relazionali anche quando soltanto uno dei partner si sente sessualmente insoddisfatto, inadeguato, incapace di sperimentare piacere, inconsapevole dei suoi bisogni, confuso riguardo la scelta del partner, ansioso o depresso nel delinearsi del suo orientamento sessuale. Questo si riferisce alle esperienze di partner eterosessuali, omosessuali e bisessuali e va esplicitato che l’orientamento sessuale di per sé non può essere considerato un disturbo.

In sintesi, i problemi delle relazioni sessuali si manifestano con la difficoltà di percepire le sensazioni e l’eccitazione sessuale, di lasciar crescere la tensione sessuale, di sostenere il contatto durante il culmine dell’eccitazione sessuale, di lasciarsi andare all’orgasmo, così come rimanere e gustare il sentirsi appagati dopo la soddisfazione. Il disagio o la confusione sulla propria identità sessuale può far desiderare di vivere la vita come una persona del sesso opposto, sia vestendone gli abiti sia desiderando di cambiare sesso ricorrendo ad interventi chirurgici o cure ormonali. La sofferenza nella preferenza sessuale, includono le parafilie, esperienze violente, fantasie di eccitazione sessuale, impulsi sessuali intensi o episodi comportamentali che coinvolgono bambini, individui non consenzienti, oggetti o esseri non umani. Questi disturbi possono inoltre comportare l’umiliazione di sé stessi, del proprio partner o causare loro sofferenze fisiche o emotive.

La situazione co-creata

Quando approfondiamo i temi sessuali in psicoterapia, come professionisti o teorici, dobbiamo essere pronti a rivolgere la nostra attenzione all’attrazione sessuale, alla sensualità e ai momenti d’intimità che si vivono all’interno della situazione terapeutica. Un aspetto essenziale del modo in cui ci rapportiamo a questi aspetti in terapia è legato a come gestiamo la nostra identità sessuale e la nostra sessualità. Di conseguenza, le mie riflessioni sono quelle di una donna eterosessuale, di mezza età, impegnata in una relazione stabile e madre di due figli maggiorenni. Il modo in cui percepisco e mi relaziono ai miei pazienti riflette questa realtà, e viceversa. Ciò non mi ha proibito di lavorare con pazienti che non hanno il mio stesso orientamento sessuale, inclusi gay e lesbiche, bi- sessuali, ermafroditi e transessuali (ogni abitudine sessuale può produrre sentimenti di ansia, di ostilità, o discriminazione verso chi – siano essi una maggioranza o una minoranza – pratica forme di sessualità poco comuni). La capacità di sentire, contenere, affrontare ed esprimere in modo adeguato la nostra sessualità all’interno della situazione terapeutica è una competenza preziosa.

(…)

Tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014-1, I vissuti sessuali in psicoterapia
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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sogno

Il sogno rivela parte di noi

Quante volte al nostro risveglio percepiamo felicità, angoscia o tristezza per un sogno appena emerso alla nostra memoria?
Hai mai pensato che ciò che sogniamo possa rivelare parte di noi stessi?
La Dott.ssa Laura Tirrò, specializzata presso l’Istituto di Gestalt HCC Italy, ha approfondito il tema del sogno evidenziando la sua importanza nella psicoterapia della Gestalt.

Il sogno è un’esperienza quotidiana che accomuna tutti gli esseri umani e che non si ferma mai durante tutto l’arco della vita.
Il sogno riflette ciò che è importante in un dato momento, sintetizzando i ricordi del passato, i problemi del presente e i presagi per il futuro.

In psicoterapia della Gestalt, lavorare con i sogni è parte integrante e fondamentale del processo terapeutico. La terapia gestaltica non interpreta il sogno ma lo osserva, come manifestazione di parti di noi stessi.
Il sogno cerca di dirci qualcosa, si relaziona con noi e con il mondo in cui abitiamo. Il sogno ha radici nel presente e del nostro presente ci parla, fornendoci un’ottima occasione per scoprire i “buchi” della nostra personalità.

In un dialogo tra lo psicoterapeuta della Gestalt e il paziente viene chiesto di raccontare il sogno al tempo presente affinchè il paziente possa entrare in contatto con esso, rivivendolo, nel qui e ora della narrazione.
La bellezza del sogno sta nello scoprire, esplorandolo, che rappresenta un atto creativo ricco di significato.
Ogni aspetto del sogno, ogni personaggio coinvolto, ogni elemento, ogni stato d’animo, è parte integrante del nostro sè frazionato. Attraverso il sogno, raccontato durante la seduta,  il paziente comunica qualcosa che altrimenti non riuscirebbe a comunicare. Così il sogno aiuta il paziente a liberarsi di pensieri e sentimenti trattenuti e a comunicare in modo diretto con il terapeuta, senza doversi chiudere in se stesso.

Dott.ssa Laura Tirrò
Psicologa, Psicoterapeuta della Gestalt

mentalità

La mentalità evolutiva in psicoterapia

Conversazione tra Massimo Ammaniti e Margherita Spagnuolo Lobb.

Margherita Spagnuolo Lobb: Buongiorno Massimo, grazie per avere accettato di dialogare con me sull’approccio evolutivo della psicoterapia. Lungi dalla pretesa di parlare di una teoria evolutiva, questo dialogo vuole essere un tentativo di creare un confronto tra la mentalità evolutiva proposta dal nostro Istituto e il tuo pensiero.

La terapia della Gestalt è nata proprio da una critica alla teoria evolutiva freudiana. Il suo fondatore, Frederick Perls, propose il concetto di aggressione dentale per indicare quella fase nello sviluppo in cui il bambino, mettendo i denti, diventa capace non solo di aggredire il cibo, ma anche il mondo, nel senso che riesce a destrutturare la realtà con un ad-gredere che implica un’energia fondamentale per la sua sopravvivenza. A quei tempi era una cosa abbastanza nuova all’interno della psicoanalisi; gli impulsi venivano considerati fondamentalmente come qualcosa da sublimare, e non da sostenere.

Questa nuova prospettiva implicava necessariamente una fiducia non solo negli impulsi, ma anche nell’autoregolazione dell’interazione individuo/società e uomo-natura, laddove queste realtà venivano per lo più intese in senso dicotomico, per cui impulso e regola sociale erano concepiti come inconciliabili. L’appartenenza appassionata a questa nuova prospettiva portò i terapeuti della Gestalt a disinteressarsi deliberatamente dello sviluppo di una teoria evolutiva gestaltica, come se interessarsi al passato potesse distrarre da un qui e ora auto-regolantesi e dalla freschezza del contatto. Dagli anni ’80 in poi, però, quando i disturbi gravi iniziarono a diffondersi maggiormente, riferirsi ad un approccio evolutivo che aiutasse a costruire una mappa dell’evoluzione della personalità del paziente, è diventato importante, sia per una diagnosi differenziale che per impostare il tipo di trattamento. Tale mappa deve però consentirci di mantenere la spontaneità della relazione terapeutica, in modo da salvaguardare l’esperienza nel suo continuo divenire.

Le tradizionali teorie stadiali dello sviluppo cognitivo e affettivo si rivelano poco adatte al pensiero fenomenologico e alla descrizione dell’evoluzione della competenza relazionale al contatto.

Obbedendo ad un ordine cronologico, e ad una successione di funzioni progressivamente acquisite ed integrate gerarchicamente, il concetto di stadio implica il passaggio da uno stato di immaturità ad uno di maturità. A mio avviso, in psicoterapia, leggere lo sviluppo del paziente in termini di organizzazione stadiale maturativa limita il nostro pensiero a vissuti e comportamenti considerati aprioristicamente più o meno appropriati e maturi. Questo sguardo non ci consente di apprezzare la bellezza, l’armonia con cui sempre la persona affronta la propria crescita, che a mio avviso costituiscono il cuore dell’intervento terapeutico: il sostegno a ciò che già funziona e all’intenzionalità di contatto, concetti che rientrano in quello che sinteticamente chiamo il now-for-next.

Le moderne ricerche evolutive sembrano andare più sul versante del concepire le capacità relazionali del bambino come domini.

Man mano che noi vediamo il bambino, come uno spaccato nei vari anni della sua vita, non guardiamo a degli stadi, cioè a delle competenze stadiali che presuppongono le competenze precedenti, ma guardiamo a come queste capacità, queste competenze relazionali s’intrecciano tra loro. Il punto allora per noi clinici gestaltici è non tanto costruire una teoria evolutiva, quanto acquisire una “mente terapeutica evolutiva”, capace di vedere come l’intreccio di certe capacità si rivela nel qui e ora della seduta e include un “desiderio” di movimento, di evoluzione. Ciò che occorre allo psicoterapeuta della Gestalt è una “mente evolutiva estetica” (capace di vedere l’armonia, ciò che già funziona), più che una mappa epigenetica o uno schema fasico dello sviluppo.

Tu hai sviluppato nel tuo pensiero, in qualche modo, l’idea di una certa flessibilità nello sviluppo, di un’acquisizione di capacità sempre più complesse del bambino. Cosa pensi di questa che secondo me è una dicotomia tra la prospettiva stadiale e maturativa e la prospettiva che sottolinea la complessità e l’armonia insita nello sviluppo?

Massimo Ammaniti

Il concetto di stadio è stato molto utilizzato dalle teorie evolutive sia in ambito dello sviluppo affettivo che cognitivo.

Nella teoria psicoanalitica l’idea tradizionale era che l’individuo passasse attraverso una serie di fasi, che come sappiamo andavano dalla fase orale, alla fase anale, alla fase fallica, alla latenza per poi arrivare nell’età dell’adolescenza al primato della fase genitale. Soprattutto nelle teorie cliniche, lo stadio, e questo è uno dei limiti, veniva considerato un periodo rilevante anche ai fini di una vulnerabilità che si impiantava in una certa fase e che poi si sarebbe sviluppata successivamente.

(…)

Tratto da Quaderni di Gestalt, vol. XXV, 2012-2, La prospettiva evolutiva in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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VIENI A CONOSCERE IL PIANO FORMATIVO DELL’ISTITUTO DI GESTALT HCC ITALY 

congratulazioni

Congratulazioni ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt!

Giorno 11 Maggio 2018 presso la sede di Milano dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, hanno completato il percorso formativo, discutendo la propria tesi di specializzazione:
 
CARLINI CINZIA Titolo Tesi “Sett-ing: evoluzioni e storia di navigazioniRelatore: Dott. Gianni Francesetti

IMPERATO ROBERTO Titolo Tesi “Primum non nocere: per una “Gestalt” etica. Riflessioni su come evitare di ritraumatizzare il paziente nell’incontro clinico” – Relatore: Dott. Bernd Bocian

SALA DANIELA Titolo Tesi “COME NUVOLE IN VIAGGIO: storie di corpi e anime tra terra e mare. Uno sguardo gestaltico all’incontro con giovani richiedenti asilo” – Relatore: Dott. Giuseppe Cannella

COLLI MARZIA Titolo Tesi “Il lavoro terapeutico gestaltico nel contesto ospedaliero: dall’etica della scelta all’estetica della relazione” – Relatore: Dott. Fabrizio Demaria

PAPPALARDO GIULIA NORA Titolo Tesi “Sintonizzazione genitoriale e vulnerabilità alle addiction: alcuni dati di ricerca” – Relatore: Dott. Giancarlo Pintus

MARTONE MELANIA Titolo Tesi “L’obesità: al di là del corpo visibile” – Relatore: Dott.ssa Elisabetta Conte

MARIANO CARLA Titolo Tesi “Dal respiro alla gestione delle emozioni attraverso la meditazione e la terapia della Gestalt” – Relatore: Dott.ssa Elisabetta Conte

LIMITI MATTEO Titolo Tesi “L’amore che non nutre ma che ammala: un’analisi bio-psico-sociale della dipendenza affettiva” Relatore: Dott.ssa Marialuisa Grech

MORDOCCO ELISA Titolo Tesi “Dilemma del porcospino e danza relazionale” – Relatore: Dott.ssa Elisa Profeta

Ai nuovi psicoterapeuti della Gestalt l’augurio di un prospero futuro personale e professionale, ispirato ai valori umani e terapeutici caratterizzanti il modello gestaltico ed improntato ad una crescita sempre arricchente.

Congratulazioni a tutti voi!

Wolfgang

Aspettando il convegno di Giugno: chi è Wolfgang Tsachacher?

L’Istituto di Gestalt HCC Italy ospita Wolfgang Tsachacher per il Convegno Internazionale che si terrà nei giorni 8-9 Giugno 2018 a Siracusa. Durante la prima giornata verrà trattato il tema corporeità e psicopatologia, durante la seconda giornata si parlerà di nuovi sviluppi scientifici sulla sincronìa terapeutica. Un dialogo in cui saranno coinvolti esponenti italiani della Psicoterapia della Gestalt.
Ma chi è Wolfgang Tsachacher?

“E’ uno psicoterapeuta tedesco (Università di Berna), senza dubbio uno dei ricercatori che attualmente contribuiscono in modo significativo agli studi scientifici inerenti la fenomenologia del processo relazionale.

Uno dei maggiori meriti di Tschacher è stato finora quello di presentare l’attuale stato dell’arte rispetto alle ricerche in questo senso, realizzando una review della principale letteratura scientifica necessaria a individuare e definire quella forma di intersoggettività chiamata sincronia interpersonale.

Le evidenze empiriche individuate dai suoi studi hanno permesso a Tschacher di giungere, insieme al collega Sander Koole (Università di Amsterdam), non solo ad una maggiore comprensione di ciò che avviene durante la relazione tra persone, ipotizzando fattori facilitanti o ostacolanti, ma anche alla definizione di un modello che possa permettere di leggere l’evolversi del processo di sincronia interpersonale all’interno di una delle relazioni intime più profonde, la relazione psicoterapeutica.

Personalmente, ritengo che il lavoro di Tschacher rappresenti un punto importante per la ricerca in Psicoterapia che inevitabilmente avrà delle ripercussioni sugli aspetti clinici. Inoltre, la Psicoterapia della Gestalt sta facendo importanti passi verso questa direzione, come dimostrato dall’ultimo lavoro di Margherita Spagnuolo Lobb sul modello osservativo dei Passi di danza che rappresenta un importante strumento di osservazione, lettura e comprensione non solo dell’evolversi della relazione tra caregiver e bambino ma anche tra terapeuta e paziente. In tal senso, le ricerche di Tschacher permettono certamente di presentare lo sfondo internazionale all’interno del quale si collocano gli ultimi lavori a riguardo.

Per questi motivi, avere l’opportunità di ascoltare direttamente chi contribuisce in modo concreto e significativo al progresso scientifico in psicoterapia, avendo la possibilità di chiedere e toccare con mano idee, pensieri e intenzionalità sarà un importante momento di crescita personale e professionale che permette di unire ricerca e lavoro clinico.” Dott.ssa Corrada Valentina Di Rosa, Psicoterapeuta della Gestalt 

 
Il Convegno Internazionale offre l’opportunità di conoscere e ascoltare le teorie di Wolfgang Tsachacher in dialogo con esponenti italiani della psicoterapia della Gestalt come: Margherita Spagnuolo Lobb, Santo Di Nuovo, Pietro A. Cavaleri, Antonio Narzisi, Giuseppe Sampognaro, Valeria Rubino e Michele Cannavò.
Ogni relatore aggiunge così un tassello al quadro di Studio e di Ricerca coinvolgendo i partecipanti con momenti esperienziali.
L’evento inoltre rilascia crediti ECM e uno sconto per assistere alle rappresentazioni classiche del Teatro di Siracusa.
 
La partecipazione è gratuita, per iscriverti o saperne di più clicca qui 
 
 
 

now-for-next

Parliamo del Now-for-next

Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-modernaSpagnuolo Lobb M. (2011).
-Giuseppe Sampognaro

Il libro di Margherita Spagnuolo Lobb, direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, è stato dato alla luce dopo un travaglio assai lungo, segnato da vicende personali e professionali anche dolorose. Alla fine, la caparbietà dell’Autrice – che tra i tanti meriti ha anche quello di avere introdotto la PdG in Italia, più di trent’anni fa – è stata premiata. Valeva davvero la pena di attendere tanto: è venuta fuori un’opera che sicuramente segna un passaggio importante nella definizione dei concetti teorici (alcuni davvero innovativi) e metodologici, su cui il lavoro di ogni psicoterapeuta della Gestalt è basato.

Incarnando in modo letterale l’idea portante espressa dal titolo, il contenuto del libro ci indica le linee attuali e le prospettive future del nostro modello, e “ci costringe” a interrogarci sull’essenza stessa del nostro lavoro: i principi che guidano l’approccio alla persona che ci chiede aiuto, la magìa dell’incontro terapeutico, le varie declinazioni e i contesti della pratica clinica (setting individuale, di coppia, di famiglia, di gruppo…), il significato profondo dell’essere terapeuta della Gestalt all’interno di una società palesemente diversa da quella per la quale fu elaborata la visione gestaltica del prendersi cura.

Nel testo di Margherita è palpitante l’inclinazione narrativa (lo dichiara il sottotitolo: “La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna”) per cui assistiamo al delinearsi della nostra storia attraverso il trascolorare della visione del rapporto tra individuo e ambiente, della conoscenza umana, di come perseguire l’obiettivo del benessere. Il lettore apprende, attraverso il racconto di Margherita Spagnuolo Lobb, il clima culturale in cui l’idea gestaltica prese corpo circa sessant’anni fa e le sue trasformazioni nel tempo, grazie al contatto con altre chiavi di lettura psicologica (come la psicoanalisi radicale: stimolante a tale proposito il dialogo riportato nel secondo capitolo con Philip Lichtenberg) e, più in generale, con un pensiero “liquido” che muta gli intenti e il campo terapeutico: dall’ottica della differenziazione alla riscoperta del dialogo e dell’appartenenza.

I punti fermi del corpus teorico gestaltico sono enunciati nell’Introduzione, che di per sé equivale a un manifesto ideologico della psicoterapia della Gestalt: il passaggio dall’intrapsichico alla “traità”; la sovranità dell’esperienza; la rivalutazione dell’aggressività positiva; la lettura teleologica del contatto e del confine di contatto; il valore estetico della terapia; la ridefinizione del processo di figura/sfondo. Tutto questo, all’interno di una cornice teorica ancorata alla fenomenologia del contatto per cui, dice Margherita Spagnuolo Lobb, “se l’attenzione del terapeuta è rivolta all’here-and-now, la sua cura è centrata sul now-for-next”.

Tra i dieci capitoli di cui si compone l’opera, tutti indispensabili per il terapeuta, esperto o in itinere, che desideri approfondire il senso del proprio agire, vorrei citarne due per motivi differenti. Quello dedicato alla prospettiva evolutiva mi sembra il più nuovo, denso com’è di concetti che meritano di essere assimilati nel tempo, anche attraverso il dialogo tra colleghi: muovendosi in un’ottica intersoggettiva, ingloba nel pensiero gestaltico la lezione di Daniel Stern, sostituendo il concetto di sviluppo fasico con quello di “sviluppo polifonico di domìni”; quest’ultimo prevede l’emergere di competenze ben differenziate, che si sviluppano lungo l’arco della vita interagendo tra loro. Tutto questo si rivela divergente rispetto al modello evolutivo finora considerato nell’Istituto HCC; un modello che sino ad oggi ha identificato le modalità di contatto sincronico (introiettare, proiettare ecc.) come le “fasi da raggiungere in sequenza diacronica per conquistare la maturità relazionale”.

Margherita, in sostanza, prende le distanze dalla costruzione di mappe epigenetiche delle fasi maturative. Un’idea che, sicuramente, susciterà un dibattito tra chi ha sempre considerato valido il parallelismo tra tempi/modi di contatto e tappe dello sviluppo psicorelazionale del bambino. Un’ottima occasione – comunque – di confronto, uno stimolo a non dare per scontata la onnicomprensività con cui il “modello della curva” è stato da noi strenuamente applicato.

Il capitolo a mio parere più succoso e portatore di ricadute positive per il nostro lavoro di terapeuti in continuo aggiornamento è il quarto, dedicato a now-for-next e diagnosi gestaltica. Attraverso l’analisi dei vari stili narrativi che scaturiscono da specifiche modalità di contatto (narrazioni terapeutiche con stili di contatto introiettivo, proiettivo, retroflessivo, confluente), Margherita Spagnuolo Lobb rileva la creatività intrinseca al racconto in terapia come accadere processuale. Al contempo, presenta le modalità che il terapeuta attua nel sostenere l’intenzionalità di contatto nelle varie tipologie di stili relazionali.

Il capitolo si configura come un ottimo e quanto mai opportuno update dello “storico” articolo che la stessa Autrice pubblicò sul numero 10/11 dei Quaderni di Gestalt, più di vent’anni fa (“Il sostegno specifico nelle interruzioni di contatto”). È un capitolo che, da solo, conferisce valore e significato all’intero testo. In queste pagine leggiamo l’esperienza del terapeuta che “vede” la resilienza del paziente, la valorizza, e aiuta la persona a indirizzare il proprio adattamento creativo verso la spontaneità a partire da quel suo modo, specifico e originale, di muoversi al confine di contatto con l’Altro.

Il capitolo sette presenta un apprezzato modello di lavoro con le coppie, che l’autrice ha introdotto in vari contesti internazionali e in Italia.
Il capitolo otto descrive un modello originale di lavoro con le famiglie.
Il capitolo nove presenta il modello di lavoro gestaltico con i gruppi, mentre il capitolo dieci applica l’approccio con i gruppi all’esperienza formativa.

Un’ultima annotazione sul capitolo conclusivo, che rappresenta un vero tributo d’amore da parte dell’Autrice nei confronti dei suoi vecchi e nuovi allievi; in fondo, il libro è rivolto a loro, e forse per loro è stato scritto.

Oltre all’idea di processo formativo come destrutturazione della materia-psicoterapia e passaggio dalla confluenza con il didatta alla differenziazione consapevole (Margherita aveva già prodotto studi e lavori sulla centralità della “masticazione” nell’iter di apprendimento), la novità, piuttosto, è l’enfasi sull’etica dell’appartenenza e dell’apertura all’altro, al nuovo, al diverso.

In una società segnata dal crollo delle certezze e dai conflitti inter (e intra) individuali, sposare la causa dello “stare con l’altro” educandosi al senso di responsabilità e all’etica della relazione mi appare come un messaggio forte e nobile, coraggioso e gravido di speranza.

Una speranza che anche a noi terapeuti talvolta vacilla. Libri come questo hanno il benefico effetto di rinnovarla e corroborarla.

fenomenologia

Fenomenologia delle relazioni intime e della violenza

modelli di intervento clinico sui legami di coppia e genitoriali.

Silvia Tinaglia, Serena Iacono Isidoro, Milena Dell’Aquila.

Il tema è stato trattato in occasione del convegno, organizzato dall’Istituto di Gestalt HCC Italy, il 20 febbraio 2015. Ha avuto luogo a Palermo, nello storico Palazzo Chiaramonte Steri, un evento che ha posto l’attenzione su un fenomeno oggi molto diffuso, la violenza di genere e intra-familiare. Il convegno ha ospitato un dialogo tra: Vincenzo Caretti, Pietro A. Cavaleri, Vittorio Cigoli, Angela Maria Di Vita, Margherita Spagnuolo Lobb. Hanno inoltre portato la loro esperienza sul campo rilevanti professionisti del territorio palermitano.

Al fine di proporre una lettura complessa del fenomeno, l’incontro ha riunito contributi di professionalità impegnate a vari livelli nei diversi ambiti di prevenzione, valutazione e cura della violenza, offrendo un’ottica capace di rivolgersi a tutti i professionisti che operano, a vario titolo, nel settore: psicologi, psicoterapeuti, avvocati, assistenti sociali, medici di famiglia, pedagogisti, insegnanti, operatori di comunità, agenti di pubblica sicurezza. (…)

La prima relazione è stata del prof. Vittorio Cigoli, professore emerito di Psicologia Clinica, direttore dell’Alta Scuola di psicologia Agostino Gemelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel suo intervento, Clinica dei legami familiari: il modello relazionale simbolico, il relatore ha proposto che il clinico, consapevole dei limiti del proprio sguardo nell’osservare la complessità delle relazioni familiari, dia rilievo ai legami generativi tra vittima-persecutore-terzo (il figlio o qualsiasi membro della famiglia d’origine) e al sostegno dei tre versanti simbolici della matrice latente dei legami: la giustizia, la fiducia e la speranza. La relazione terapeutica può aiutare a riconquistare la fiducia relazionale e ad aprirsi alla speranza, particolare forma di consolazione che nasce «dal silenzio, dall’attesa e dal saper vedere elementi di bene proiettati nella realtà».

Il contributo specifico della psicoterapia della Gestalt al tema è stato esposto dalla dott.ssa Margherita Spagnuolo Lobb nel suo intervento Estetica delle relazioni intime e della violenza. La relatrice ha introdotto il concetto di conoscenza relazionale estetica, modalità conoscitiva che consente di cogliere sia la carica energetica del contatto, sia la gestalt di movimento che sostiene il desiderio di raggiungere l’altro. Osservandola dalla prospettiva del campo fenomenologico, la violenza emerge quando il contatto è desensibilizzato, quindi l’altro viene assimilato a sé e il bisogno personale diviene prioritario, oppure l’altro, visto in relazione a ciò che non si è e si vorrebbe essere, è invidiato e legato a sé con un potere seduttivo che lo assoggetta e lo invade, senza rispettarne i confini. In tali casi, l’intervento psicoterapeutico possibile è orientato, da un lato, a ri-sensibilizzare il confine di contatto tra chi subisce e chi agisce la violenza, dall’altro, a sperimentare nella relazione d’aiuto «la fiducia nella terra che sostiene il passo desideroso di avanzare». (…)

Tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2015-1, La psicopatologia in psicoterapia della gestalt II Parte
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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