processi evolutivi

Processi evolutivi in psicoterapia: lo sguardo terapeutico tra passato, presente e futuro

I Quaderni di gestalt si raccontano: 2012-2

A Daniel Stern

Molta acqua è passata sotto i ponti da quando gli psicoterapeuti della Gestalt consideravano l’interesse per lo sviluppo umano come antitetico al proprio approccio, in quanto foriero di un allontanamento dal qui e ora, dall’esperienza immediata del paziente in seduta.

Oggi sappiamo che il passato, lo sviluppo del paziente, è parte integrante del suo modo di essere nel qui e ora e che è importante che lo psicoterapeuta abbia una mappa per leggere i processi evolutivi.

In particolare, oggi la psicoterapia della Gestalt trova appropriato rivolgersi allo sviluppo come a uno sfondo da cui emergono le figure che il paziente crea per la situazione attuale. In linea con la determinazione dei fondatori di studiare – piuttosto che processi dinamici intrapsichici che non trovano evidenza nel piano della realtà presente – ciò di cui siamo testimoni, ossia il modo in cui terapeuta e paziente declinano adesso il loro contatto terapeutico, il terapeuta della Gestalt necessita di strumenti teorici e metodologici per leggere come il passato è presente nel farsi del sé nel contatto, ossia come la percezione attuale del paziente si infutura nell’intenzionalità di contatto.

Al terapeuta fenomenologo serve comprendere l’esperienza che adesso il paziente ha del passato e dei vissuti relazionali che hanno condizionato il suo sviluppo. Gli serve capire i livelli di resilienza (del paziente) davanti agli stress, l’efficacia delle modalità adattive adoperate e il grado di consapevolezza (l’apertura dei sensi) che egli ha mantenuto nel tempo.

Allora, se prima della svolta degli anni ’90, che ha portato tutte le psicoterapie a interessarsi dei pazienti gravi e degli aspetti evolutivi relazionali, la psicoterapia della Gestalt si dimostrava scettica o addirittura contraria allo studio dei processi evolutivi umani, oggi non abbiamo alcun dubbio sulla necessità di attingere allo sviluppo come strumento di contestualizzazione dell’intenzionalità e delle risorse del paziente.

La domanda che ci facciamo, e che anima tutti i contributi di questo numero, è se lo psicoterapeuta della Gestalt nel suo lavoro clinico necessiti di una teoria evolutiva o se non abbia invece bisogno di uno strumento per cogliere, per come si presentano nel qui e ora, le modificazioni evolutive che il paziente ha attraversato e che adesso contribuiscono a determinare la figura del suo contatto terapeutico.

Il professor Daniel Stern, a cui questo numero dei Quaderni di Gestalt è dedicato, aveva lottato sin dall’inizio dei suoi studi contro il vizio che una errata impostazione epistemologica aveva imposto alla teoria evolutiva psicoanalitica.

In realtà, la costruzione di una teoria evolutiva non può avvenire per deduzione dai racconti dei pazienti: le teorie dello sviluppo devono rifarsi all’osservazione dei bambini “veri”, non ai racconti di persone adulte nel momento in cui descrivono la loro sofferenza.

Stern aveva sostenuto fortemente la necessità di creare una teoria evolutiva che partisse dal bambino osservato, dal bambino sano. L’Infant Research, a cui hanno collaborato i più grandi psicoanalisti intersoggettivi e relazionali, proprio sviluppando questa necessità rilevata da Stern, ha consentito di rivoluzionare il presupposto evolutivo della psicoanalisi, mettendo in questione il cuore stesso della tecnica psicoanalitica, l’interpretazione. Essa infatti non considera la “comunicazione relazionale implicita” (come l’ha definita Stern), non attinge ad una profondità dell’essere-con del paziente che passa innanzitutto attraverso processi relazionali non verbali di sintonizzazione reciproca, ma piuttosto analizza il racconto del paziente sulla base di una teoria suggestiva che a volte non ha nulla a che vedere con l’esperienza concreta del paziente (Stern et al., 1998; 2004; 2010). Stern valorizza così le capacità relazionali implicite dell’analista, più che il bagaglio tecnico appreso.

(…)

Siracusa, Dicembre 2012
Margherita Spagnuolo Lobb

Quaderni di Gestalt, volume XXV, 2012-2, La prospettiva evolutiva in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli, pag. 4

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Daniel Stern: possibilità inesausta di confronto e dialogo

I Quaderni di Gestalt si raccontano: 2013-2

Questo numero dei Quaderni di Gestalt è dedicato ad un grande maestro e amico scomparso nel novembre 2012, Daniel Stern. Con lui l’Istituto di Gestalt HCC ha intessuto nove anni di dialogo fecondo, grazie alle sue docenze presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia, alla sua disponibilità al confronto, all’apertura verso linguaggi diversi. La sua vicinanza ci ha spronati a crescere e a trovare modi sempre più fenomenologici di descrivere ciò che facciamo.

Al di là del dialogo con gli psicoterapeuti della Gestalt, Stern ha rappresentato, per il mondo della psicologia evolutiva e della psicoterapia in genere, la nascita di qualcosa che fa una differenza nella storia: uno sguardo che integra molte delle prospettive emerse negli ultimi decenni in una Gestalt armonica, una proposta teorica destinata a generare significativi sviluppi in diversi ambiti, non solo nella psicoterapia e nella psicologia ma anche nell’arte e negli approcci che hanno a che fare con il movimento corporeo.

Per quanto ci riguarda, le ricerche e gli studi di Daniel Stern hanno consentito al nostro Istituto di riformulare concetti fondamentali della teoria della psicoterapia della Gestalt, e di sviluppare aspetti teorici e clinici importanti, come la prospettiva evolutiva e la co-creazione dell’incontro terapeutico.

Nel pensare questo numero a lui dedicato, da uno sfondo di gratitudine e di affetto, ci siamo chiesti quali domande animerebbero ancora il nostro dialogo con lui. Per esempio, considerando il tentativo di Stern di applicare i risultati della infant research alla terapia degli adulti, come possiamo definire il suo specifico contributo alla psicoterapia odierna?


Stern considera l’esperienza del “momento presente” come il cuore del pro
cesso terapeutico e focalizza la sua attenzione sugli aspetti fenomenologici ed estetici della relazione terapeutica. In quale epistemologia possiamo collocare questo contributo alla psicoanalisi certamente innovativo?

Se i now moment sono imprevedibili, e se ciò che il terapeuta fa quando questi momenti cruciali si presentano dipende dalla sua capacità di stare nella relazione, da ciò che lui “è” piuttosto che da ciò che “sa”, quali risvolti immaginiamo per l’insegnamento della psicoterapia?

Secondo i fondatori della psicoterapia della Gestalt, quando l’individuo vive l’esperienza in maniera piena e spontanea, sperimenta, proprio da questa totalità percepita dell’incontro con l’altro, la nascita del sé, i confini della propria individualità. Stern contesta l’esistenza di una prima fase autistica nello sviluppo psicologico del bambino, che già alla nascita, a suo avviso, è capace di entrare in relazione con la madre. Possiamo affermare, allora, che lo sviluppo psicologico non consiste nel riuscire a separarsi e individuarsi, bensì nel diventare sempre più capaci di relazionarsi, o, in altri termini, nel diventare sempre più capaci di sperimentarsi come un sé nell’incontro co-creato?

Queste domande emergono dalle idee, ricche di futuro, che Daniel Stern ci ha donato, ma anche dagli scambi con colleghi con cui ci ha messo in contatto, e con cui è possibile svilupparle. Questo numero è stato costruito attraverso il ricordo di suoi amici italiani, e la testimonianza di terapeuti della Gestalt che lo hanno conosciuto personalmente. Nei loro contributi è possibile rintracciare alcune delle risposte alle domande da noi formulate.

Apre il numero una breve ma significativa testimonianza della moglie, Nadia Bruschweiler Stern, le cui parole, pronunciate alla fine del convegno organizzato a Roma dal professor Massimo Ammaniti, danno la cornice di senso a tutto ciò che si può dire o scrivere su Stern.

Nella sezione Dialoghi, abbiamo il piacere di ospitare le testimonianze di quattro suoi colleghi italiani, che gli sono stati particolarmente vicini: Massimo Ammaniti, Nino Dazzi, Graziella Fava Vizziello e Vittorio Gallese. Sollecitati dalle mie domande, raccontano come hanno conosciuto Stern e l’influsso che egli ha avuto sul loro pensiero e sul loro impegno professionale.

Chiude la sezione il contributo di Angela Maria Di Vita sulla clinica del materno. L’autrice, per anni garante della nostra Scuola, nel 2006 ha promosso il conferimento al professor Stern della laurea ad honorem in Psicologia clinica dello sviluppo, presso l’ateneo palermitano. Anche se non pubblicato in forma editoriale di dialogo, questo contributo testimonia uno degli scambi scientifici che l’Istituto ha instaurato con docenti accademici in occasione delle visite di Stern presso il nostro Istituto.

Nella stessa sezione, un mio articolo sul contributo di Daniel Stern alla psicoterapia della Gestalt sviluppa i punti di incontro e le differenze tra il pensiero dello psicoanalista intersoggettivo e l’epistemologia gestaltica, così come li ho intesi negli anni dei nostri incontri, densi di sviluppi sia nelle sue teorie che nel nostro Istituto.

Daniel Stern ci ha lasciato un’eredità immensa da condividere e sviluppare tra tutti noi innamorati della vitalità umana.

È anche grazie a lui che ci ritroviamo fratelli tra psicoterapeuti di approcci diversi: sia nei convegni che nella letteratura, in molti, pur appartenendo a epistemologie diverse, ci riferiamo agli stessi passaggi teorici di Stern, condividendoli profondamente, come una conferma a ciò in cui crediamo e alla possibilità di dialogare.

Il suo linguaggio ci ha uniti. E sapere questo sicuramente gli avrebbe fatto piacere. Inoltre, il suo sorriso e la sua curiosità intellettiva sono stati un connubio di amore e novità che resterà per sempre nella nostra anima.


Margherita Spagnuolo Lobb

Quaderni di Gestalt, Volume XXVI, 2013-2, Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli, pag. 5

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Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt

Ricordiamo oggi il pensiero di D. Stern attraverso le parole di Margherita Spagnuolo Lobb,  direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, tratte da Il contributo di Daniel Stern alla psicoterapia della Gestalt di Margherita Spagnuolo Lobb, in Quaderni di Gestalt, Volume XXVI,  2013/2

La teoria del sé di Stern rimane per noi una bellissima descrizione dei processi relazionali con cui il bambino impara ad essere in contatto con il proprio ambiente: prima cogliendo la musica di tutto ciò che si muove intorno a lui (compreso se stesso) (Sé emergente), poi
creando prototipi di questi movimenti e delle persone (compreso se stesso) (Sé nucleare), giungendo poi a gestire posture, intenzionalità, prototipi di relazioni (Sé soggettivo), in seguito imparando il linguaggio (Sé verbale), ed infine integrando linguaggio, posture e intenzionalità all’interno di una danza condivisa che prende la forma di una narrazione (Sé narrativo).
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Quaderni di Gestalt volume XXVI 2013/2: Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt

Iniziamo a raccontare Daniel Stern attraverso le testimonianze della moglie Nadia Bruschweiler Stern, e di quattro suoi colleghi italiani, che gli sono stati particolarmente vicini: Massimo Ammaniti, Nino Dazzi, Vittorio Gallese e Graziella Fava Vizziello.

Stralci di testimonianze tratte dal Quaderno di Gestalt, Volume XXVI,  2013/2:

Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt

 
Da un punto di vista intellettuale Dan sapeva come cercare, osservare, descrivere, contestualizzare e mettere in evidenza elementi universali dell’esperienza umana. Questi aspetti sono necessariamente collegati a molte teorie e discipline diverse. Credo che il suo lavoro fosse al di sopra di queste differenze, sempre alla ricerca degli aspetti fondamentali delle interazioni e delle relazioni umane.
Da un punto di vista umano, aveva una squisita capacità di entrare in contatto con le persone, facendo sempre sentire speciali coloro che incontrava. Questo aveva a che fare con il suo bisogno di seduzione, ma soprattutto era la sua fonte di vitalità e il suo campo di ricerca. Era curioso nei confronti della gente e viaggiava impegnandosi intensamente in ogni scambio. E così, quando incontrava le persone era sempre molto coinvolto, facendole sentire valorizzate dalla luce che emanava, per poi scomparire altrove con il suo raccolto.

Nadia Bruschweiler Stern

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